I Carabinieri sul Podgora
La Grande Guerra non vide coinvolti negli aspri combattimenti soltanto i Fanti, i Bersaglieri e gli Alpini. Ma anche coloro che non erano pienamente addestrati a combattere in guerra, perché arruolato in altri corpi militari adibiti alla sicurezza interna e a compiti di istituto, presero parte a furiose e sanguinose battaglie, affrontando il nemico sulle montagne, nelle trincee e lungo il corso dei fiumi Isonzo e Piave: i Finanzieri, ad esempio, si resero protagonisti della conquista del Monte Cimone e delle vittoriose giornate sul Piave. Così come i Carabinieri. Gli uomini dell’Arma, infatti, nei mesi immediatamente successivi allo scoppio delle ostilità, si resero protagonisti di un’ardua impresa: la conquista del Podgora. Quando, il 18 luglio 1915, prese avvio la Seconda Battaglia dell’Isonzo, al 2° e 3° Battaglione del Reggimento Carabinieri Reali venne affidato l’arduo compito di sferrare l’attacco principale alla cima tenuta dagli Austriaci, penetrare nei varchi aperti dai soldati del Regio Esercito e costituire capisaldi e sbarramenti per facilitare l’avanzata italiana verso Gorizia. Gli uomini dell’Arma raggiunsero già nei primi giorni di luglio la Quota 240 del Monte Podgora, avanzando sotto una pioggia incessante delle artiglierie nemiche. Di questi Carabinieri facevano parte anche Eugenio Losco, Domenico Della Giorgia ed Orazio Greco. Quest’ultimo, poco prima di partire all’attacco, scrisse poche righe indirizzate alla madre: “Tra poco attaccheremo il fronte nemico. Se dovessi cadere non piangete, mandate gli altri fratelli quassù che ve n’è bisogno per la Patria”. In tutto, erano circa 1600 i Carabinieri che presero posto nelle trincee alle pendici del Podgora, alcune delle quali distanti appena 150 metri da quelle austriache. Dal canto loro, gli Austriaci dominavano l’intero settore grazie alle loro artiglierie al di là dell’Isonzo e posizionate sulle cime dei monti San Gabriele, San Daniele e Monte Santo. Quando, il 18 luglio, giunse l’ordine di attaccare il giorno seguente, le fila dei Carabinieri si erano assottigliate a poco più di 1300 militari, molti dei quali uccisi e feriti dal fuoco dell’artiglieria, dalla gastroenterite e dal colera causati dai numerosi cadaveri insepolti.
L’attacco ebbe inizio alle ore 06.30, quando un gruppo composto da venti soldati, tra Carabinieri e Genieri fecero brillare dei tubi di gelatina, aprendo un varco tra i reticolati nemici: la reazione austriaca non si fece attendere e, nello scontro che seguì, cadde colpito a morte per lo scoppio di una granata, il Carabiniere Greco. Originario di Martignano, in provincia di Lecce, venne decorato con la Medaglia di Bronzo al Valor Militare: “Spontaneamente offertosi, collocò tubi esplosivi per la distruzione del reticolato nemico, ma, nella difficile impresa, cadde colpito a morte. Podgora, 18 luglio 1915”. Intanto, appoggiati dai soldati del 36° e del 12° Reggimento Fanteria, i Carabinieri erano pronti a balzare fuori dalle loro trincee: alle 11.00, tre compagnie iniziarono l’assalto, subito rallentate dal violento fuoco austriaco. L’avanzata fu più breve del previsto e i superstiti si riorganizzarono sulle posizioni di partenza, pronti per sferrare un nuovo attacco. Il secondo assalto, condotto alla baionetta, portò i Carabinieri vicini alle trincee nemiche, che, nonostante l’enorme sacrificio pagato in termini di morti, feriti e dispersi, restarono inviolate. Durante questi assalti, perse la vita anche il Tenente Eugenio Losco, della provincia di Avellino, al comando della 7a Compagnia: è considerato il primo ufficiale dell’Arma caduto in battaglia nel corso del primo conflitto mondiale. Venne decorato di Medaglia di Bronzo al Valor Militare alla Memoria: “Eseguì con ardimento pericolose ricognizioni in zona battuta e scoperta. Procedette anche risolutamente, quale Comandante di Compagnia, nell’assalto contro le trincee nemiche, ravvivando col suo slancio l’azione, finché cadde colpito a morte. Podgora, 19 luglio 1915”. Ma il Podgora andava conquistato e, appoggiati da alcuni reparti del 36° Reggimento Fanteria, il 2° e il 3° Battaglione dei Carabinieri mossero nuovamente all’assalto: questa volta, però, gli Austriaci riuscirono anche a ricacciare alcuni gruppi di soldati del Regio Esercito da altrettante posizioni già faticosamente conquistate e tentarono un aggiramento degli uomini dell’Arma per coglierli alle spalle, così che questi dovettero ormai attestarsi sulle posizioni raggiunte, pronti a respingere un eventuale contrattacco.
Nei combattimenti cadde anche il Carabiniere Domenico Della Giorgia, di San Cesario, in provincia di Lecce. Ferito ad un braccio, non volle abbandonare il combattimento fino a quando, nuovamente colpito, esalò il suo ultimo respiro a ridosso delle posizioni austriache. Fu insignito della Medaglia d’Argento al Valor Militare alla Memoria: “Ferito nell’assalto alle trincee nemiche e consigliato, dal suo ufficiale, a ritirarsi per la gravità delle lesioni riportate, volle restare al suo posto di combattimento, affermando che il suo braccio era ancora valido e seguitando a dare nell’azione bell’esempio ai compagni, finché venne nuovamente e mortalmente colpito. Podgora, 19 luglio 1915”. Alla sera, intorno alle 18.00, l’attacco italiano al Podgora aveva termine: adesso, i pochi volontari superstiti si prodigarono a sgomberare i feriti e a seppellire i corpi di quanti caddero nell’impresa. Di quel giorno, Emanuele Filiberto, Duca d’Aosta, dirà a proposito del sacrificio offerto dagli uomini dei Carabinieri: “Sul Podgora, nelle memorande giornate del 1915, inquadrati in reggimento, deste prova della più grande tenacia, rimanendo saldi e impavidi sotto la furibonda tempesta di ferro e di fuoco, decimati ma non fiaccati”. La cima del Monte Podgora restò così saldamente in mano austriaca: le forze italiane dovettero aspettare fino alla Sesta Battaglia dell’Isonzo, che portò alla conquista della città di Gorizia, per poter vedere sventolare la bandiera tricolore.