Notiziario: Gli eroi dimenticati delle navi bianche

Gli eroi dimenticati delle navi bianche

Ci siamo già occupati delle “navi bianche”, come venivano chiamate durante i due conflitti mondiali le navi ospedale, narrando la vicenda della Arno, affondata l’11 settembre 1942 da un aerosilurante inglese, mentre stava navigando alla volta dell’Africa Settentrionale per sbarcare personale medico: dall’entrata in guerra, aveva svolto più di sessanta missioni di soccorso, salvando dalle acque oltre 6100 naufraghi e dopo aver prestato soccorso ad oltre 17.200 militari e civili, tra feriti ed ammalati. Da sempre, la legge del mare ha visto rispettato una sorte di codice non scritto, per il quale era un dovere morale prestare i soccorsi adeguati al nemico: esempi durante la Seconda Guerra Mondiale non mancarono di certo, e tra i più noti vengono annoverati il Capitano di Corvetta Salvatore Todaro, che salvò in più occasioni i naufraghi delle navi affondate dal suo sommergibile; l’Ammiraglio Andrew Cunningham, che dopo aver affondato una formazione navale italiana comunicò allo Stato Maggiore della Regia Marina le coordinate esatte dei naufraghi in mare; o il Capitano di Vascello Werner Hartenstein, protagonista del soccorso agli uomini del trasporto Laconia.

Nave ospedale WienDovevano essere protette dalla Convenzione di Ginevra, così come gli infermieri e i medici aggregati alle unità di fanteria a terra. Ma in una guerra che si faceva ogni giorno più disumana, anche le navi dalle bianche livree con le grandi croci rosse non furono risparmiate. La vicenda della Nave Po è uno di questi casi, così come la Arno di cui abbiamo già parlato. Costruita all’inizio del Novecento nei cantieri austriaci di Trieste, servì inizialmente come piroscafo per il Lloyd Triestino di Navigazione con il nome di Wien, facendo la spola tra la città di Trieste e Alessandria d’Egitto; il 16 febbraio 1916 venne requisita dalla marina militare austriaca, che la trasformò in nave ospedale e poi come nave caserma per gli equipaggi della Kaiserliche Marine di Pola. Il 1° novembre 1918 si trovò coinvolta nell’affondamento della Corazzata Viribus Unitis, fatta saltare dagli Ufficiali del Genio Raffaele Paolucci e Raffaele Rossetti. Venne recuperata solo nel 1919 e, con il passaggio del Friuli Venezia Giulia all’Italia, la nave, ancora alle dipendenze del Lloyd triestino, fu iscritta alle dipendenze del Compartimento Marittimo di Napoli, con il nome italianizzato di Vienna, tornando alle sue iniziali funzione di piroscafo sulla rotta Trieste-Venezia-Brindisi-Alessandria d’Egitto.

Nave trasporto infermi ViennaCon lo scoppio della guerra in Etiopia nel 1935, venne prima noleggiata e poi requisita dalla Regia Marina Italiana per il trasporto dei feriti e degli ammalati, svolgendo il compito di “nave trasporto infermi”: espediente, questo, per sfruttare appieno ogni singolo viaggio da Napoli a Massaua, trasportando nel viaggio di andata militari e munizioni e imbarcando per la traversata di ritorno i feriti e gli ammalati. Questa tipologia di navi si distingueva dalle vere e proprie navi ospedale in quanto prive delle croci rosse e delle bande laterali verdi sulle fiancate previste per quel tipo di unità. Durante le operazioni belliche in Africa Orientale Italiana, dal 1935 al 1937, il Piroscafo Vienna, compì 104 missioni, trasportando oltre 42.2oo tra feriti e malati, essendo anche dotata di 550 posti letto. Dopo la guerra coloniale, venne restituita al Lloyd triestino per tornare a svolgere il servizio civile: fu adesso che venne deciso di ribattezzarla con il nome Po. Passarono gli ultimi anni di pace e allo scoppio della nuova guerra mondiale, già il 21 maggio 1940 venne nuovamente requisita dalla Regia Marina, che questa volta la destinò subito al ruolo di nave ospedale, venendo ridipinta con le linee stabilite dalla Convenzione di Ginevra: scafo e sovrastrutture bianche, fascia verde interrotta da croci rosse sullo scafo e sui fumaioli.

Nave ospedale PoIl 9 luglio 1940 effettuò la sua prima missione di guerra, prestando soccorso ai marinai rimasti feriti ed ustionati dopo la battaglia di Punta Stilo e nel corso di tutta l’estate prestò la sua opera di soccorso ai feriti e agli ammalati provenienti dal fronte africano, in special modo dalle città di Bengasi e Tripoli; venne poi impiegata nel teatro albanese, per evacuare i militari provenienti dal fronte greco. L’11 febbraio 1941, alle ore 17.15, la Po subì un primo attacco aereo da Maria Federiciparte di un trimotore avvistato in ritardo: essendo, però, il velivolo scambiato per un bombardiere in uso alla Regia Aeronautica, il fatto, non avendo provocato danni né alla nave né alle persone imbarcate, non venne denunciato, ma solo registrato sul giornale di bordo: solo nel dopoguerra, venne invece appurato che si trattava di un ricognitore britannico di base sull’Isola di Malta. La sera del 14 marzo 1941 ormeggiò a Valona, dove l’indomani avrebbe dovuto evacuare dei soldati: per ordine del comando, venne obbligata a tenere spenta l’illuminazione di bordo per non contravvenire all’ordine di oscuramento, poiché le sue luci potevano far individuare alla ricognizione aerea nemica le altre navi ormeggiate. Alle 23.15 avvenne un attacco aereo che colpì la Po a poppa con un siluro di 730 kg, sganciato da uno Swordsifh ai comandi del Tenente di Vascello Michael Torrens Spence. Pochi minuti dopo, la nave cominciò ad imbarcare un grande quantitativo di acqua e ad inclinarsi, così che venne dato l’ordine di abbandonarla e calare in mare le scialuppe: durante queste concitate fasi, una scialuppa si capovolse, facendo annegare due Crocerossine, Wanda Secchi ed Emma Tramontani, mentre una terza, Maria Federici, perse la vita nel tentativo di salvarle. Passarono appena dieci minuti dal siluramento e la nave bianca scomparve tra le onde: restava emerso solo l’albero di trinchetto. Nell’affondamento morirono complessivamente ventitré persone, tra cui le tre crocerossine annegate, su un totale di 240 persone imbarcate a bordo, tra marinai, personale medico e infermiere volontarue. A Maria Federici venne conferita la Medaglia d’Argento al Valor Militare alla Memoria per aver sacrificato la propria vita nel vano tentativo di salvataggio delle due sue colleghe: “Infermiera Volontaria della Croce Rossa Italiana imbarcata in missioni di guerra sulla Nave Ospedale Po, colpita durante un attacco aereo notturno, teneva contegno fermo e sereno, incoraggiando e sostenendo i naufraghi con ammirevole altruismo e spirito di sacrificio. Perdeva la vita inabissandosi con la nave, sulla quale con dedizione assoluta al dovere, compiva la sua alta missione di bontà verso i soldati in armi, dei quali era sorella silenziosa e serena. Baia di Valona, 14 marzo 1941”.