“Un uomo non può sopportarne tante, tanto sangue, tanto sudiciume, tanti morti”
La prima guerra mondiale è stata una guerra di trincea. Joseph Losey ci trasmette l’angoscia claustrofobica di questo ambiente stretto, bagnato, freddo e buio dove si cerca di sopravvivere aggrappandosi gli uni agli altri. Se vivere in trincea non è vivere, uscire dalla trincea significa morire. La guerra di Losey è una guerra che fa impazzire. Un soldato semplice inglese nel corso di una battaglia vede tutti i suoi compagni cadere ammazzati ed è letteralmente travolto dai corpi sbrindellati dalle esplosioni. Non sa come, ma si salva. “Per il re e per la patria” però non è “Forrest Gump”: mettersi a correre può sembrare una diserzione. Lui si difenderà dicendo che non capiva più niente, che non voleva fuggire, che la sua era solo una passeggiata. Ma nello straziante processo che è il cuore del film emergerà che in guerra l’umanità che lotta per rimanere umana,esce sconfitta dalla giustizia marziale, in nome del re e della patria. “Quello che conta in tribunale è soltanto la legge, è un po’ da dilettanti invocare giustizia”. Le sequenze del processo ci fanno tornare in mente quello a Giovanna d’Arco nel film di Carl Theodor Dreyer, dove in un succedersi di primi piani di volti sempre più sfigurati emerge la follia di una giustizia che la guerra ha già scritto. La morte è inevitabile per il povero soldato. Serve un esempio. Nessuno si salverà.