Notiziario: FEDERAZIONE DI PADOVA, SEZIONE DI PONTELONGO: MUSEO GRANDE GUERRA GeSTA: LIBRI & STORIE

FEDERAZIONE DI PADOVA, SEZIONE DI PONTELONGO: MUSEO GRANDE GUERRA GeSTA: LIBRI & STORIE

πŸ“1° APPUNTAMENTO LIBRI & STORIE : LA GUERRA E LE FALSE NOTIZIE
πŸ“2° APPUNTAMENTO LIBRI & STORIE : LA STORIA DI GIUSEPPE BOF, IL FANTE POETA
πŸ“3° APPUNTAMENTO LIBRI & STORIE

Il primo libro che proponiamo per “LIBRI e STORIE” è un classico: Marc Bloch, La guerra e le false notizie. Ricordi (1914-1915) e riflessioni (1921), Donzelli, 1994.
Partiamo dal libro di uno dei maggiori storici francesi, un grande medievista, che si è trovato soldato sul fronte occidentale proprio in quei primi mesi di guerra in cui l’Esercito Francese e i suoi alleati hanno subito le gravissime sconfitte che hanno portato i tedeschi ad un soffio da Parigi. Il libro è composto da due momenti temporali, come si evince già dal titolo, uno immerso negli eventi ed uno posteriore ad essi. Da un lato abbiamo il soldato coinvolto nella guerra e nella ritirata che riesce a vedere solo ciò che vive: la guerra dei soldati è ciò che vedono dalla minuscola feritoia dello scudo da trincea. Le grandi manovre, la strategia non sono per loro raggiungibili. Come capire dunque ciò che accade? Ascoltando le voci di altri soldati, di prigionieri, costruendo una propria guerra complessiva. E’ questo il terreno delle “false notizie”, un gigantesco telefono senza fili che plasma “verità” in continuazione. Bloch definisce la guerra come terreno fertile per questo proliferare, il bisogno di sapere e di capire è immenso. Ma se fosse vivo oggi potrebbe analizzare un nuovo campo di manovra sociale per le “false notizie”, per la costruzione di milioni di verità su di un singolo argomento, questo campo immenso sono i social, che utilizziamo abitualmente senza schermi e filtri. Ecco che un libro di cent’anni fa diventa attuale. Un ottimo consiglio di lettura per conoscere l’esperienza di guerra e riflettere sui meccanismi sociali odierni.
"L’errore si propaga, si amplia, vive infine a una sola condizione: trovare nella società un terreno favorevole. In esso gli uomini esprimono inconsapevolmente i propri pregiudizi, gli odi, le paure, tutte le proprie forti emozioni"; [p.94]
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LA STORIA DI GIUSEPPE BOF, IL FANTE POETA
Giuseppe nasce a Crespano del Grappa nel 1888, di famiglia contadina, a 27 anni va in guerra e, pur non essendo un letterato sceglie di fermare quei momenti in piccoli taccuini che portava sempre con sé. La sua storia è raccolta in un libro di qualche anno fa. E’ una storia rimasta chiusa in un cassetto per anni, come molte di quelle dei soldati della Grande Guerra e non solo. E’ un fante che inizia la sua esperienza di guerra sull’Altipiano di Asiago, ma i suoi giorni più forti li passa sul Pasubio di cui rimane incantato. Incantato dalla guerra mastodontica che si combatte lassù dove a volte si fa fatica a distinguere dove finisce la natura e inizia la guerra moderna. Giuseppe annota nei suoi libretti molte cose, con la sua scrittura incerta e leggermente sgrammaticata, ma scrive. Scrive anche poesie, poesie dedicate ai suoi amori incontrati nelle pause del cannone, e poesie che incontrano la guerra nella sua nuda verità. Escogita linguaggi in codice per incontrare la sua bella, e nella pagina successiva prende nota di conti dei campi lasciati a casa. Il suo diario si interrompe a due giorni da Caporetto. Come per tanti questa data segna uno spartiacque, per alcuni apre la porta al silenzio per altri alla scrittura. Dopo la guerra Giuseppe non si sposa, conclude la sua vita da contadino a Crespano, portando i suoi taccuini sempre con sé. I parenti ricordano che nei momenti di pausa lo vedevano passare le pagine di quei quadernetti, per tutta la vita. Verranno ritrovati dai nipoti molti anni dopo la sua morte. La sua è una storia di un fante come tanti, che ha trovato nella guerra il dolore, ma anche l’emancipazione e la consapevolezza di aver compiuto un’impresa. Un’impresa era il modo per chi era destinato all’oblio da una condizione di vita da cui era difficile emanciparsi. Nel ’68, quando riceverà il cavalierato di Vittorio Veneto tornerà ad annotare qualcosa in quei quadernetti consunti, specificherà che quel giorno è stato il più bello della sua vita dopo la guerra. Quante cose abbiamo perduto di quegli uomini, quanto non li abbiamo capiti...
“O Pasubio ti vedo per la prima
Raggiungo anche la più alta cima
Nella stagion cruda e tremenda.
Più d’un mese nel’alta neve
Fra la nebbia e la tormenta.
Anche la fame si fa sentire
Per la patria ogni dura prova
Per sicurare ai fili lavenire.
Mi segua fortuna fino la fine
Come nei due scorsi ani di guera
In bracio la familia tornar nela pace”
Giuseppe Bof, Ritorno a quei giorni. Diario di guerra, a cura di Lorenzo Capovilla, Istresco, Treviso 2015, p. 182


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Oggi vi proponiamo un saggio molto interessante: Keith Lowe, Il continente selvaggio. L’Europa alla fine della seconda guerra mondiale, Laterza, Roma-Bari 2015 [prima edizione inglese 2012]. Queste pagine descrivono ed analizzano le conseguenze della guerra in Europa. In questo caso non ci troviamo di fronte ad una analisi politica ma ad un affresco agghiacciante della devastazione fisica e morale di un continente. I lunghi anni di guerra totale che hanno percorso in lungo e in largo soprattutto il continente europeo, non hanno lasciato solo le macerie delle città distrutte o le tantissime croci nei cimiteri di guerra e non, ma hanno modificato profondamente la percezione della moralità della popolazione e degli eserciti impegnati sul campo, facendo diventare complesso il ripristino dell’ordine e della legalità.Ciò che emerge da queste pagine non è soltanto l’orrore della concezione nazista della vita, con il suo seguito mostruoso di morte organizzata, ma anche il sentimento di vendetta che ha pervaso gli eserciti vincitori, che ha avuto strascichi lunghissimi bel oltre il maggio del ’45, in alcuni casi mettendo in campo dei veri e propri sistemi concentrazionari all’inverso.Anche nella vita quotidiana, abbruttita dalla fame e dalla violenza creata, subita, indotta vengono meno regole sociali consolidate per cui la legge, anche quando viene ripristinata, non basta. Stupri, furti, omicidi attraversano tutte le componenti sociali in tutti gli stati. L’Europa, nei mesi e negli anni, che hanno seguito il conflitto sembra un luogo molto diverso da ciò che c’era prima, ma anche da quello che verrà poi. E’ un luogo difficile da raccontare perché quasi impossibile da accettare, dove il buono e il cattivo assumono valori altamente relativi. Queste nuove categorie su cui si giudica il recente passato hanno di fatto, per moltissimi anni, il lavoro degli storici che, per questo tragico periodo del recente passato hanno scelto di lavorare sui fatti in base a queste categorie morali per le quali spesso è stato impossibile vedere, comprendere ed analizzare l’immensità della tragedia.
Questo testo segna una svolta importante da questo punto di vista.
<<Non era tanto la presenza della morte che definiva l’atmosfera dell’Europa del dopoguerra, quanto piuttosto l’assenza di quelli che un tempo avevano popolato i salotti d’Europa, i suoi negozi, le sue strade, i suoi mercati.>>, p. 19