FEDERAZIONE DI BENEVENTO: OMAGGIO AI PRIGIONIERI CADUTI IN AFRICA

La Federazione provinciale di Benevento rende omaggio ai prigionieri Italiani catturati in Africa e spediti alle Isole Orcadi per costruire le barriere antisommergibili nella Baia di Scapa Flow. La stupenda Chiesetta costruita su un tendone di lamiera ondulata a botte, è la testimonianza di un miracolo italiano. Un fulgido esempio di amore e di fede.

                             

              

      

In uno di quei pomeriggi invernali, parlando con un amico di viaggi e di luoghi fantastici, lui mi parlò del Military Tattoo una celebrazione di musica e danza militaresca, risalente all'età del ferro, che  si rappresenta ogni anno sullo sfondo del Castello di Edimburgo, dimora di diversi monarchi da Davide I a Maria Stuarda. Mi parlò della la sala degli Scottish Crown Jewels e della pietra Stonehenge of destiny legata alla spada di Excalibur. Credo che i miei occhi si illuminassero .

Molti anni fa feci un’altro viaggio a New York, fu un viaggio nel passato anche quello, perché andai per conoscere mia zia e il fratello mio zio, che entrambi militari, avevano dedicato la loro vita al governo americano. Ricordo l'emozione all' uscita dell'aeroporto e la infinita voglia di conoscere la storia del mio Bis-nonno emigrato alla fine dell'800 in America. Mentre dell'altro mio bis-nonno, nato a New York, sapevo solo che era partito per l'Italia per difendere la propria patria partecipando, come Bersagliere, alla Prima guerra mondiale. Comunque rimasi per due mesi a N.Y. e per me quello fu un Natale davvero speciale. Ma non voglio e non posso ricordare tutti gli uomini e donne della mia famiglia implicata in modo multiforme nella storie di guerra, ho fatto questo viaggio perché volevo ricordare in generale  tutti gli uomini italiani, quegli uomini coraggiosi dell'esercito italiano, persone di un tempo che oggi è difficile trovare.

La storia della chiesetta

I soldati italiani, catturati a più riprese dagli inglesi in Libia tra il 1940 e il 1941 in quel maledetto periodo buio della seconda guerra mondiale, hanno acceso le speranze per una intera umanità disgraziata.

Così ho voluto onorare a nome non solo della federazione di Benevento, ma di tutta l'ANCR, coloro che furono spediti con un lungo estenuante viaggio in capo al mondo su un’isoletta minuscola e disabitata, persa ai confini dell’Europa, fra gelide nebbie nordiche. Un pezzetto di terra pianeggiante, senza alberi, senza riparo dai venti gelidi del nord, senza acqua potabile e senza sole. Tutto ciò perché il 14 ottobre 1939 alle ore 00.58 un sottomarino tedesco U47 approfittando di una eccezionale alta marea, riuscì a penetrare nella Baia di Scapa Flow, allora ritenuta sicura contro gli attacchi dei sommergibili e che pertanto custodiva al riparo le navi inglesi.

L’attacco riuscì ad affondare la colossale  nave ammiraglia HMS ROYAL OAK in 13 minuti portando alla morte 880 uomini!

       

Quella baia e le altre quattro limitrofe non erano più sicure e bisognava prendere provvedimenti!

I prigionieri del campo 60 erano manodopera a costo zero e costituivano una preziosa forza lavoro da affiancare agli operai della ditta appaltatrice specializzata BALFOUR_BEATTY per costruire ben 4 “barriere” di sbarramento anti sommergibili, le “CHURCHILL BARRIERS”.

Questo arduo compito durò parecchi anni. Furono costruiti due chilometri e mezzo di barriere, in certe parti la profondità dell'acqua era anche di 18 metri. Furono posate sul fondo del mare più di un  milioni di tonnellate di pietre, roccia e sopra furono costruite le strade rialzate.

Ci furono vari tentativi di ribellione come quello di presentare un esposto all’ufficiale comandante perché l’impresa andava contro la convenzione di Ginevra in quanto “lavoro di natura bellica!” Ma la risposta fu che non si costruivano Barriere, ma strade rialzate progettate prima della guerra!

Due i campi di prigionia, il campo 34 sull’isola di Burray e il Campo 60 sulla piccola isola di Lamb Holm.

Il campo consisteva in tredici malinconiche baracche, ma gli italiani vi costruirono sentieri in cemento, piantarono fiori, così che l'intera area fu trasformata. Furono creati inoltre un teatrino con scenario è una baracca per ricreazione che nel suo arredamento aveva anche una tavola da biliardo, del resto i rapporti tra gli italiani e gli abitanti dell'isola furono ottimi.

E fu proprio qui tra le tredici baracche di lamiera ondulata a forma di botte che negli anni successivi costruirono la “Chiesetta degli italiani” oggi monumento Nazionale di grado A, molto amata dagli stessi Orcadiani!

Una cappella nata dal forte bisogno di un angolo dove dimenticare le miserie della guerra, dove dimenticare la fatica e la immensa solitudine, dove trovare un attimo di pace, un contato con il cielo.

Ne fecero richiesta all'ispettore dell'ufficio di guerra. Passarono diversi mesi, alle volte sembra di perdere ma invece la volontà di Dio vince sempre, finché per un felice insieme di circostanze, si incontrarono il nuovo Comandante del Campo 60, il maggiore poi Colonello T.P. Buckand, un Cappellano padre Gioacchino Giacobazzi e Chiocchetti. Ed ecco che si sviluppò il progetto come risultato naturale della buona volontà e collaborazione che esisteva fra i tre, la stessa che alle volte ricordo sempre anche ai miei e alle persone che avvicino, perché non importa che ruolo uno abbia, non esiste diversità, l'importante è lavorare tutti insieme, per raggiungere un bene che duri come esempio per il futuro.

Cosi verso la fine del 1943 iniziarono i lavori con due capannoni, nel loro tempo libero i prigionieri passavano le ore di tempo libero alla costruzione di questa bellissima cappella.

Fra i prigionieri del campo 60 c’era anche un artista, DOMENICO CHIOCCHETTI, che costituì con i suoi compagni una piccola squadra di assistenti fra i quali Buttapasta cementista, Palumbi fabbro, Primavera e Micheloni elettricisti e poi Barcaglioni, Battiato, Devitto, Fornasier, Pennisi, Sforza ed altri.

L'abside richiese molto tempo e lavoro, dietro all' altare fra due finestre di vetro istoriato con le rappresentazioni di San Francesco e di Santa Caterina da Siena, fu dipinta la Madonna col Bambino, capolavoro di Chiocchetti, copiata da una immaginetta che egli aveva portato con se durante tutta la guerra. Il Calcestruzzo usato era  quello delle  Churchill Barriers. Per l'entrate da entrambi le parti del Santuario fu acquistato del Damasco in tinta oro presso una ditta di Exeter e pagato col denaro del fondo di beneficenza dei prigionieri. Sulla volta furono affrescati i simboli dei quattro evangelisti e più in basso Chiocchetti dipinse da entrambi le parti due Cherubini e due Serafini. Nel centro spicca la Bianca Colomba, simbolo dello spirito Santo. Il contrasto fra l'abside e il resto della cappella era molto stridente tanto da indurre Palumbi, abile lavoratore del ferro, specializzatosi in America, a eseguire l' inferriata divisoria dove le due ringhiere si univano a terra in un piccolo cuore, un messaggio d'amore per Barbara che quando Palumbi partì, dovette rimanere sull'isola, ma questa è un ' altra storia .......

    Domenico Chiocchetti

  

Poco distante dalla cappella Chiocchetti realizzò, utilizzando filo spinato e cemento, la statua di San Giorgio e il Drago,  a simboleggiare il trionfo della pace e la sconfitta di tutte le guerre.

         

                                      Una foto degli italiani superstiti tornati sul luogo della prigionia

         

Tutto il viaggio ha suscitato emozioni profonde e contrastanti. In quasi tutti i villaggi c'erano monumenti eretti ai caduti. 74.000 soldati non tornarono più e 150.000 tornarono feriti, è stato un momento in più per riflettere sulla tragica eredità della grande guerra. Mi sono fermata quasi davanti a tutti i monumenti perché siamo tutti figli di Dio e fratelli...

        

Grande emozione nello scoprire che anche Giuseppe Garibaldi è stato ospite nel Castello di Dunrobin proprietà dei duchi di Sutherland a Thurso, come testimonia il busto in suo onore e la sua pantofola esposta nella bacheca del museo.