Tra il 15 e il 16 febbraio del 1945 vennero definiti i dettagli del «Piano generale per l’insurrezione di Milano». Quali furono gli obbiettivi principali della città?
La liberazione di Milano sarebbe stata completata tra il 24 e il 25 aprile di 72 anni fa, ma la preparazione dell’insurrezione contro le forze nazi-fasciste che controllavano il capoluogo lombardo fu organizzata nel febbraio di quel lontano (ma non troppo) 1945.
La città di Milano fu divisa in 9 settori, ognuno con un adeguato raggruppamento di soldati: Duomo, che rappresentava il punto di maggior densità militare con 2.022 unità, porta Garibaldi, porta Venezia, porta Vittoria, porta Vigentino, porta Ticinese, Magenta, Sempione e Sesto San Giovanni.
Fondamentali, per la riuscita del piano, furono il sostegno esterno dei partigiani e la prova di coraggio di vigili, pompieri, carabinieri e poliziotti all’interno della città. L’insurrezione avrebbe dovuto portare alla conquista di una serie di obbiettivi, resi pubblici da una recente inchiesta pubblicata sulle pagine del Corriere della Sera: erano obbiettivi di prima fascia i comandi militari, le caserme, gli alberghi e gli edifici con compiti di difesa, i depositi militari, gli aeroporti e le abitazioni dei capi tedeschi, mentre tra gli obbiettivi di seconda fascia figuravano gli uffici politici e amministrativi, le stazioni ferroviarie, le banche e le sedi tipografiche dei giornali.
Oltre a questi, i punti nevralgici della città che sarebbero dovuti essere attaccati delle forze antifasciste erano una postazione radio, un deposito di benzina, il magazzino generale dei viveri, il circolo-bar dei tedeschi in via San Paolo 8, il comando delle prigioni militari e il distaccamento delle brigate nere presso l’Arena Civica.
Grazie al ruolo svolto durante l’insurrezione contro l’occupazione tedesca, nel secondo dopoguerra la città di Milano sarebbe stata insignita della medaglia d’oro al valore militare.