EROI: SALVO D'ACQUISTO
Dopo il proclama di Badoglio dell'otto settembre 1943, un reparto speciale di truppe tedesche si era accasermato presso alcune vecchie postazioni, precedentemente in uso alla Guardia di Finanza, nelle vicinanze della località Torre di Palidoro, che rientrava nella giurisdizione territoriale della stazione Carabinieri di Torrimpietra (in Provincia di Roma).
Qui, il 22 settembre, alcuni reparti delle Waffen-SS nell'ispezionare alcune casse di munizioni abbandonate, furono investiti dall'esplosione di una bomba a mano, probabilmente per imperizia nel maneggio degli ordigni.
Due dei soldati morirono e altri due rimasero feriti.
Il comandante tedesco attribuì la responsabilità dell'accaduto ad anonimi attentatori locali e richiese la collaborazione dei Reali Carabinieri, comandati da Salvo D'Acquisto per l'assenza del maresciallo comandante.
Le Waffen-SS minacciarono la rappresaglia, se entro l'alba non fossero stati trovati i colpevoli. La mattina seguente, il giovane D'Acquisto, assunte alcune informazioni, provò a contrastare la tesi alemanno-tedesca, asserendo che l'accaduto era da considerarsi un caso fortuito, un incidente privo di autori, ma i nazisti insistettero sulla loro versione e richiesero la rappresaglia, ai sensi di un'ordinanza emanata dal feldmaresciallo Kesselring, pochi giorni prima.
Il 23 settembre furono eseguiti dei rastrellamenti e catturate 22 persone - scelte casualmente - fra gli abitanti della zona.
Lo stesso D'Acquisto fu forzatamente prelevato dalla caserma, da parte di una squadra armata e fu condotto nella piazza principale di Palidoro, dove erano stati radunati gli ostaggi.
Tenutosi un improbabile "interrogatorio", i civili si dichiararono innocenti.
Nuovamente richiesto di indicare i nomi dei responsabili, D'Acquisto ribadì che non ve ne potevano essere, poiché l'esplosione "era stata accidentale", ritenendo così gli ostaggi e gli altri abitanti della zona tutti innocenti.
Gli ostaggi e il Reale Carabiniere vennero quindi trasferiti fuori dal paese. Ai civili furono fornite delle vanghe, con l'ordine di scavare una grande fossa comune nelle vicinanze della Torre di Palidoro, per la ormai prossima loro fucilazione.
Le operazioni di scavo si protrassero per alcune ore e quando furono concluse fu chiaro che le Waffen-SS avrebbero davvero messo in atto la loro terribile minaccia.
Resosi conto della gravosa situazione: il Vice Brigadiere Salvo D'Acquisto "non esitava a dichiararsi unico responsabile di un presunto attentato contro le forze armate tedesche. Affrontava così - da solo - impavido la morte, imponendosi al rispetto dei suoi stessi carnefici e scrivendo una nuova pagina indelebile di purissimo eroismo nella storia gloriosa dell'Arma".
Il Reale Carabiniere fu fucilato alla giovane età di 23 anni e i 22 prigionieri furono rilasciati. Prima della scarica del plotone di esecuzione, fece in tempo a gridare "Viva l'Italia".
Il comportamento eroico del militare sabaudo, aveva infatti colpito gli stessi reparti speciali tedeschi, che il giorno dopo, secondo quanto riferito nella testimonianza della Baglioni, le riferirono: "Il vostro Brigadiere è morto da eroe. Impassibile anche di fronte alla morte".
Qui, il 22 settembre, alcuni reparti delle Waffen-SS nell'ispezionare alcune casse di munizioni abbandonate, furono investiti dall'esplosione di una bomba a mano, probabilmente per imperizia nel maneggio degli ordigni.
Due dei soldati morirono e altri due rimasero feriti.
Il comandante tedesco attribuì la responsabilità dell'accaduto ad anonimi attentatori locali e richiese la collaborazione dei Reali Carabinieri, comandati da Salvo D'Acquisto per l'assenza del maresciallo comandante.
Le Waffen-SS minacciarono la rappresaglia, se entro l'alba non fossero stati trovati i colpevoli. La mattina seguente, il giovane D'Acquisto, assunte alcune informazioni, provò a contrastare la tesi alemanno-tedesca, asserendo che l'accaduto era da considerarsi un caso fortuito, un incidente privo di autori, ma i nazisti insistettero sulla loro versione e richiesero la rappresaglia, ai sensi di un'ordinanza emanata dal feldmaresciallo Kesselring, pochi giorni prima.
Il 23 settembre furono eseguiti dei rastrellamenti e catturate 22 persone - scelte casualmente - fra gli abitanti della zona.
Lo stesso D'Acquisto fu forzatamente prelevato dalla caserma, da parte di una squadra armata e fu condotto nella piazza principale di Palidoro, dove erano stati radunati gli ostaggi.
Tenutosi un improbabile "interrogatorio", i civili si dichiararono innocenti.
Nuovamente richiesto di indicare i nomi dei responsabili, D'Acquisto ribadì che non ve ne potevano essere, poiché l'esplosione "era stata accidentale", ritenendo così gli ostaggi e gli altri abitanti della zona tutti innocenti.
Gli ostaggi e il Reale Carabiniere vennero quindi trasferiti fuori dal paese. Ai civili furono fornite delle vanghe, con l'ordine di scavare una grande fossa comune nelle vicinanze della Torre di Palidoro, per la ormai prossima loro fucilazione.
Le operazioni di scavo si protrassero per alcune ore e quando furono concluse fu chiaro che le Waffen-SS avrebbero davvero messo in atto la loro terribile minaccia.
Resosi conto della gravosa situazione: il Vice Brigadiere Salvo D'Acquisto "non esitava a dichiararsi unico responsabile di un presunto attentato contro le forze armate tedesche. Affrontava così - da solo - impavido la morte, imponendosi al rispetto dei suoi stessi carnefici e scrivendo una nuova pagina indelebile di purissimo eroismo nella storia gloriosa dell'Arma".
Il Reale Carabiniere fu fucilato alla giovane età di 23 anni e i 22 prigionieri furono rilasciati. Prima della scarica del plotone di esecuzione, fece in tempo a gridare "Viva l'Italia".
Il comportamento eroico del militare sabaudo, aveva infatti colpito gli stessi reparti speciali tedeschi, che il giorno dopo, secondo quanto riferito nella testimonianza della Baglioni, le riferirono: "Il vostro Brigadiere è morto da eroe. Impassibile anche di fronte alla morte".