Eroi dimenticati: Michele Vitali Mazza, lo studente di ingegneria eroe del Pal Piccolo

Era nato a Parma lunedì 8 luglio 1895 Michele Vitali Mazza. Un giovane amante dello studio e dell’azione fin da quando, nel 1913, si iscrisse alla facoltà di ingegneria di Genova dopo una breve avventura all’università di Parma. Il 24 maggio 1915, nemmeno ventenne, venne chiamato alle armi.

LA GIOVENTU’ E I PRIMI COMBATTIMENTI

Vitali Mazza venne inviato a Modena per seguire il corso di addestramento militare superandolo con successo ed ottenendo il grado di sottotenente. Subito dopo, il giovane parmigiano venne assegnato al 16° Reggimento Bersaglieri. Il reparto venne posto di stanza sul Pal Piccolo, vetta tra Trentino e Friuli al confine con l’Austria. “L’accanito e sanguinoso combattimento che si svolse sul monte Pal Piccolo, lungo la cresta carnica del confine italo austriaco, il 26 e 27 marzo 1916 – ci spiega Andrea Cattabiani, commercialista ma scalatore e appassionato studioso dei conflitti del XX secolo – conobbe gli onori della cronaca non solo sul giornaliero Bollettino di guerra del Comando Supremo, ma anche sui principali quotidiani e sulle riviste illustrate. È la Tribuna Illustrata che per prima il 16 aprile 1916 dedica al combattimento la copertina, con un fantasioso assalto di soli alpini tra gli abeti innevati”. Troviamo anche le testimonianze di un giovanissimo Benito Mussolini che, l’indomani della battaglia, il 30 marzo 1916, scrive “Nevica da sedici ore. Tutto è bianco. La mulattiera è sommersa. Pomeriggio: nevica sempre. La posta non è giunta. Ore lunghe. Nella baracca, al primo, al secondo, al terzo piano si gioca a carte, si fuma, si canta. Io, col ventre a terra, scrivo queste note. Domattina, sveglia alle quattro. Dopo gli attacchi al Pal Piccolo, bisogna vigilare. Tale è l’ordine telefonico del capitano. L’eventualità di un’azione lusinga i soldati. Nevica sempre. Sono cadute due valanghe con un boato tremendo. Non si ha notizia di vittime. I morti in seguito a valanghe non sono stati molti in questa zona: cinque e alcuni feriti”. Il 26 marzo, il nemico austriaco, approfittò di una tormenta di neve e attaccò il Reggimento riconquistando le trincee strappate dagli italiani. Vitali Mazza venne ferito da una bomba che gli tolse quasi la vista ma, deciso più che mai a non abbandonare i suoi compagni, rimase a combattere fino alla fine delle ostilità.

IL SACRIFICIO DEL 27 MARZO

La mattina del 27 marzo, gli italiani non attesero a dar risposta al nemico austriaco. Scrive il giornalista Luigi Barzini: “Soltanto la mattina del 27, dopo ore di lotta gli alpini i fanti e i bersaglieri del 16° del Col. Paolino Arcodaci riuscirono ad aprirsi un varco. Vitali Mazza ferito già nel primo contrattacco non abbandonò la lotta e rimase sul campo fermandosi solo davanti alla muraglia che gli si era parata contro e sulla quale stava il nemico con una micidiale mitragliatrice”. Con una scala a pioli costruita in maniera alquanto fortunosa, il soldato cercò di oltrepassare la muraglia. Una volta buttatosi in trincea combatté come un leone nonostante fosse stato gravemente ferito ad un braccio. Gli Austriaci, armati di mitragliatrice, non attesero prima di scaricare addosso a Michele tutte le pallottole che avevano in canna. Un colpo alla testa fulminò il giovane eroe lasciandolo esanime sul campo. Per questa sua azione, Michele Vitali Mazza venne decorato con la medaglia d’oro al valor militare con la seguente motivazione: “Contrattaccava col suo plotone il nemico, che era riuscito ad occupare una nostra trincea. Ferito e respinto, si appostava a breve distanza dall’avversario e con tiri di fucileria lo molestava nei lavori di rafforzamento. Il giorno successivo prendeva d’assalto la posizione nemica, dandovi la scalata mediante una scala a pioli. Rimasto con pochi bersaglieri, si affermava sulla posizione stessa, finché giunti nuovi rinforzi, benché ferito più volte, si slanciava all’assalto decisivo, cadendo colpito al capo; fulgido esempio di valore e di tenacia”.

Tommaso Lunardi