Notiziario: Ebrei venduti ai nazisti a Roma Da 1500 a 5000 lire ai delatori

Ebrei venduti ai nazisti a Roma Da 1500 a 5000 lire ai delatori

Un’indagine promossa dalla Comunità romana sui fatti del 1943 ha permesso di ricostruire la blacklist dei traditori e il tariffario pagato dalle Ss
di Manuela Pelati

La Comunità ebraica ha ricostruito la lista delle persone che vendettero gli ebrei ai nazifascisti dopo il rastrellamento del 16 ottobre 1943 a Roma. Ma, hanno assicurato, la blacklist non verrà mai resa nota. E nelle loro ricerche hanno riportato anche le tariffe applicate dalle Ss per gli ebrei catturati e poi deportati nei campi di concentramento: 5.000 mila lire per gli uomini, 3.000 per le donne e 1.500 per i bambini. Dopo il 16 ottobre 1943, giorno del rastrellamento del quartiere ebraico romano, durante il quale 1.022 ebrei furono deportati, per lo più anziani, donne e bambini, partì un’ulteriore «caccia» a gli ebrei uomini e giovani, per lo più tra i 20 e i 35 anni. Il totale di questi deportati fu di 747, che sommati al primo rastrellamento fanno 1.769 persone sul totale delle 8.000 vittime complessive in tutta Italia.

Nel Museo Ebraico fra gli antichi libri sacri scampati alla furia nazista

L’indagine «Dopo il 16 ottobre 1093. Gli ebrei a Roma: occupazione, resistenza, accoglienza e delazioni (1943-44)» è stata effettuata per comprendere le dinamiche delle deportazioni e come molti ebrei riuscirono a fuggire alla «caccia all’uomo». Uno studio curato da Silvia Haia Antonucci e Claudio Procaccia con la collaborazione dello storico Amedeo Osti Guerrazzi e del demografo Daniele Spizzichino che ha interrogato un campione di ebrei presenti all’epoca. Curata anche dall’intero staff del Dipartimento Cultura della Comunità Ebraica di Roma, l’indagine nasce da una proposta del presidente della Fondazione Museo della Shoah, Leone Paserman, che ha finanziato la ricerca. Tra qualche mese lo studio che si è avvalso dei documenti dell’Archivio Storico della Comunità romana e del «Libro della memoria» di Liliana Picciotti, sarà pubblicato in un libro.

I trucchi dei delatori

Dei 747 deportati dai nazifascisti che occupavano Roma guidati da Kappler, uno su due è stato «venduto» da delatori. La caccia era rivolta principalmente agli adulti maschi che erano anche i più esposti perché costretti a muoversi per trovare il modo di sostentare la famiglia, mentre le donne e i bambini rimanevano nascosti. E se le cinquemila lire equivalgono più o meno a cinquemila euro di oggi, la guerra che aveva portato distruzione e fame favoriva la necessità di procacciarsi soldi. Alcuni si fingevano avvocati e di fronte a un ebreo arrestato offrivano la tutela cercando di fare da tramite con i familiari per poi «vendere» anche questi ultimi. Qualcuno si fingeva partigiano per avvicinare chi - rischiando due volte - si era schierato con la Resistenza.

Il ruolo del Vaticano

Molti i delatori tra i vicini di casa e tra chi conosceva gli ebrei per lavoro. L’Italia dopo l’armistizio dell’8 settembre era nel caos e a Roma il rastrellamento del 16 ottobre non era stato evitato. Nella capitale la chiesa di Pio XII aveva tentato una (controversa) mediazione che non aveva impedito la deportazione ma a pochi giorni dal rastrellamento, aveva inviato la direttiva di aiutare i perseguitati a tutti gli istituto religiosi. «L’ 85% degli ebrei romani si salva grazie all’aiuto di cittadini privati e all’accoglienza di istituti religiosi» afferma Claudio Procaccia. «Tra i privati che poi sono quelli che hanno rischiato di più nel nascondere gli ebrei, per la maggior parte non c’era scambio di denaro. Negli istituti religiosi, invece, uno su due pagava un affitto». E nella comunità ebraica «che a Roma annoverava da 12 a 13.000 ebrei, c’era chi aveva fatto perdere le tracce o perché era scappato o perché aveva cambiato cognome. E poi c’erano quelli che si erano convertiti al cattolicesimo per salvarsi e si erano battezzati: circa il 10 % della comunità».