DISTRUZIONI DI BIBLIOTECHE | 25 agosto 1914/1992

“E hai mai letto uno dei libri che hai bruciato?”
Lui rise. “È contro la legge!”
“Ma certo”.

Abbiamo voluto iniziare questo post con una citazione tratta da "Fahrenheit 451" di Ray Bradbury, romanzo ambientato in un futuro distopico, dove i libri vengono bruciati, in quanto la loro lettura è considerata un reato.
La Storia ci insegna che da quando l'uomo ha inventato la scrittura, il "libro" (in qualsiasi sua forma, dalla tavoletta d'argilla al supporto digitale) è stato vittima del fanatismo e della censura, che hanno cercato di distruggerlo in quanto strumento di trasmissione delle idee e della memoria.

Nella notte di 28 anni fa (tra il 25 e il 26 agosto 1992), la Viječnica, la biblioteca nazionale di Sarajevo, fu completamente distrutta da un incendio: oltre il 90% del patrimonio librario (1,5 milioni di volumi, più di 155mila libri rari e 478 manoscritti) andò perso tra le fiamme.
L’incendio fu un atto condotto dall’esercito serbo-bosniaco, che aveva iniziato da qualche mese a stringere d’assedio la capitale della Bosnia, bersagliandola con continui attacchi d’artiglieria.
Kanita Fočak, architetto di Sarajevo, ricorda così quei drammatici momenti:
«Quando mi sono svegliata la mattina del 26 agosto ho sentito una particolare ondata di caldo. Ho guardato fuori dalle finestre: la Viječnica era completamente in fiamme. Un'immagine incredibile. Stavo lì a guardarla, dall'altra sponda del fiume, con la cenere che volava e copriva tutto lì intorno, un gran fumo e odore forte di bruciato. E non potevo fare nulla... Una sensazione orribile, perché tutti sapevamo quale tesoro immane c'era tra quelle mura. Chiunque si avvicinava veniva preso di mira dai cecchini e, nel tentativo di salvare qualcosa, ci sono infatti stati dei morti. Ho saputo solo dopo che la biblioteca era stata colpita durante la notte con un bombardamento di proiettili incendiari. Le bellissime colonne di marmo, portate da chissà quale cava dell'Impero austroungarico, si sgretolarono come sabbia. I dipinti, i libri, tutto perso. All'interno della biblioteca si formò un cumulo di macerie immenso e tutta la struttura divenne molto pericolante, dunque impossibile entrarci. Era una delle più ricche biblioteche d'Europa e il suo tesoro è andato perduto per sempre».

La distruzione della biblioteca di Sarajevo può essere considerata un atto di “genocidio culturale”, ossia l’annientamento deliberato dell'eredità culturale di una popolazione o di una nazione per ragioni politiche, militari, religiose, ideologiche o etniche. Esso tuttavia non fu né il primo, né l’ultimo atto in tal senso.

Esattamente 78 prima, il 25 agosto 1914, nelle prime fasi della Prima Guerra Mondiale, l’esercito tedesco distrusse intenzionalmente la biblioteca dell’Università cattolica della città belga di Lovanio, in quello che è stato definito dalla propaganda dell’Intesa “lo stupro del Belgio”. Per aggirare le difese poste lungo il confine franco-tedesco, l’esercito del Kaiser invase il neutrale Belgio, sperando nella veloce dissoluzione di quello che veniva considerato “un esercito da operetta”. A causa della tenace resistenza delle truppe belghe, gli alti comandi tedeschi optarono per una dura occupazione del territorio conquistato, con requisizioni, saccheggi, distruzioni di edifici, stupri ed esecuzioni di tutte quelle persone che potessero rappresentare una minaccia. L’obiettivo era piegare la resistenza del Belgio attraverso la tecnica del terrore. La città di Lovanio fu teatro di uno dei più feroci atti di intimidazione operato dalle truppe germaniche, con violenti atti repressivi contro i civili e la distruzione di circa 2mila edifici. Soprattutto, fu deliberatamente appiccato il fuoco alla biblioteca dell’Università cattolica, contenente oltre 300mila libri, 800 incunaboli e 950 manoscritti.

L'episodio di Lovanio diede il via a una pratica che trovò applicazione svariate volte nei decenni successivi: dai Bücherverbrennungen ("roghi di libri") nazisti alle distruzioni della Seconda guerra mondiale, per arrivare ai tragici fatti dell’ex-Jugoslavia, l’Europa è costellata di roghi di biblioteche.

Bruciare i libri per annientare un popolo, per privarlo del passato in modo che non possa costruire il futuro. Rimane dunque quanto mai valida la massima del poeta tedesco Heinrich Heine (1797-1856): «Là dove si bruciano libri, alla fine si bruciano anche gli esseri umani».

Sull'argomento, consigliamo il libro di Fernando Báez, "Storia universale della distruzione dei libri. Dalle tavolette sumere alla guerra in Iraq", Viella editore, Roma, 2007, che potete consultare presso la Biblioteca Comunale di Montebelluna e uno degli articoli dedicati alla Viječnica dell' Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa https://www.balcanicaucaso.org/…/La-lunga-rinascita-della-b…

Museo di Storia Naturale e Archeologia di Montebelluna