Demolire il mito della trincea studiando i coscritti dell'Esercito

di Tommy Pizzolato

 Ricercatore ANCR. Attivo presso la Federazione ANCR di Padova per il Progetto finanziato dal Ministero della Difesa e messo in atto grazie alla collaborazione strettissima dell’Archivio di Stato di Padova. Collaborazione che fa da apripista a studi fino ad ora mai percorsi nell’ambito della ricerca storiografica. Si ringrazia pertanto il Ministero Difesa per la scelta di sostenere la ricerca storica e l’Archivio di Stato di Padova con tutti i suoi dirigenti ed operatori.

Demolire il mito della trincea studiando i coscritti dell'Esercito

di Tommy Pizzolato[1]

           

            Dieci padovani[2], nati nel corso del 1900 in varie località della provincia (Padova, Monselice, Vigonza)[3] ed inseriti nella leva di mare (Compartimenti marittimi di Venezia e di Genova)[4], dopo aver prestato tre anni di regolare servizio nella Regia Marina (come fuochisti, come torpedinieri o come cannonieri), vennero congedati e nel '32 trasferiti al Regio Esercito con un numero di matricola assegnato loro dal Distretto Militare di Padova. Per questo i loro ruoli risultano oggi conservati presso l'Archivio di Stato di Padova.

            Pur appartenendo alla classe del 1900, l'ultima mobilitata per sopperire all'impellente bisogno di risorse socio-demografiche imposto dal triennio bellico '15-'18, non sembra abbiano partecipato alla guerra. Del resto, la Regia Marina, forza armata di mare del Regno d'Italia (uguale in tutto e per tutto al Regio Esercito ed in nulla ad esso subordinata, perché dotata di un proprio Capo di Stato Maggiore e di un proprio dicastero: il Ministero della Marina), aveva già mobilitato una parte dei propri effettivi ancora nel '15, richiamando in servizio anche quei membri della riserva navale (i sottufficiali di tutte le categorie e specialità delle classi 1876-1882) nel frattempo traghettati fra le file dell'Esercito in virtù di una legge approvata il 01.02.1900: il Regio Decreto 09.08.1914, n° 804 li aveva ripristinati nel Corpo Reali Equipaggi.[5] La stampa, pur dandone notizia, si sarebbe subito concentrata soprattutto sulle masse di coscritti mobilitate dall'Esercito, il cui operato in guerra sarebbe stato a tal punto pubblicizzato, da imporsi nell'immaginario collettivo dei contemporanei, nel successivo processo di organizzazione dei quadri sociali della memoria e nei canoni del racconto storiografico.[6]

            Adoperando come fonte alcuni bandi conservati dal Museo Civico del Risorgimento di Bologna, possiamo però tentare di ricostruire il fenomeno, almeno in parte. Benché l'età anagrafica delle risorse mobilitate variasse a seconda del grado e della categoria (farla da padroni erano soprattutto i sotto capi), servendosi di tre tornate consecutive, la Regia Marina riportò (o cercò di riportare) fra le proprie file tutti i militari in congedo illimitato appartenenti alle classi 1882-1890.[7] A guerra conclusa, i soli effettivi del C.R.E. erano passati dai 13.300 in servizio attivo, affiancati da 3.500 richiamati, del 1914, ai 32.000 in servizio attivo e agli oltre 30.000 richiamati del 1918.[8] La crescita fu quindi esponenziale e continuativa per tutta la durata del conflitto, perché, come furono costretti e riconoscere, nel '35, i compilatori della serie La Marina Italiana nella Grande Guerra, il fabbisogno effettivo richiesto dalla guerra, nel '15, non era prevedibile.[9] Flessioni al ribasso nei numeri dei mobilitati si ebbero soprattutto “dalla classe 1896 in poi [perché] parte del contingente di leva fu passato al Regio Esercito per servizi territoriali richiesti dalle esigenze del fronte terrestre” e perché vennero “emanate delle disposizioni restrittive per limitare l'assegnazione delle reclute alla leva marittima.”[10]

            Tornando ai dieci padovani giunti all'Esercito dalla Marina; se si escludono quelli arruolatisi volontariamente, solo i coscritti contraddistinti dalle matricole 31148 bis, 31147 bis, 31143 bis e 31141 bis prestarono davvero servizio militare. Quelli contraddistinti dalle matricole 31146 bis, 31145 bis e 31142 bis ne furono invece esonerati perché  assegnati alla 2A Categoria, in quanto “fratello di militare a riposo per ferita dipendente da servizio militare” (31145 bis), o perché ammessi alla 3A Categoria, essendo figli unici legalmente riconosciuti (31146 bis e 31142 bis).

            Infine, il coscritto contraddistinto dal numero di matricola 31144 bis venne “trasferito alla ferma ridotta di tre mesi”, perché “appartenente alla 3A Categoria […] quale figlio unico di padre già entrato nel 65° anno di vita”.

            Passati a disposizione dell'Esercito con un grado ed un ruolo direttamente proporzionale ai loro trascorsi in Marina (la matricola 31141 bis, ad esempio, sottocapo cannoniere, venne iscritto nel ruolo della forza in congedo dell'Artiglieria Divisionale di Fanteria, col grado di caporalmaggiore), non sarebbero però dovuti confluire tutti negli archivi del Distretto Militare di Padova. I cittadini contraddistinti dai numeri di matricola 31142 bis, 31147 bis e 31148 bis, in realtà, comparivano in modo improprio (e per ragioni non giustificabili) fra i ruoli matricolari del Distretto Militare di Padova, perché appartenenti al Distretto Militare di Venezia.

            Il rapido (e pionieristico) excursus attraverso un aspetto, per certi versi insolito, restituito da questa particolare tipologia di documentazione (di norma adoperata per ottenere informazioni sui trascorsi militari di un familiare coscritto all'interno dell'Esercito), serve ad introdurre un progetto, iniziato nel 2018, grazie ad una convenzione stipulata tra l’Archivio di Stato di Padova e la Federazione Provinciale Padovana dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci (ANCR) e grazie ad un finanziamento da questa ottenuto dal Ministero della Difesa: la digitalizzazione dei Ruoli Matricolari di tutti i residenti nella provincia di Padova coscritti all’interno del Regio Esercito durante il triennio bellico ’15-’18. 

            211 volumi in tutto; di consistenza variabile, a seconda delle oscillazioni demografiche verificatesi nei ventotto anni (1872-1900) durante i quali sono nati gli italiani già alle armi nel luglio del ’14, quando l’ultimatum asburgico alla Serbia determinò il divampare del conflitto, o mobilitati nei quattro anni successivi.

            Il progetto, oltre a prevedere la riproduzione di tutti i documenti in questione (in modo da sottrarre alla consultazione fisica materiale d’archivio ormai in precario stato di conservazione), mira soprattutto ad inserire le informazioni in essi contenute all’interno di una banca dati di pubblico dominio, fruibile attraverso il sito dell'ANCR.

Un obbiettivo ambizioso quindi: la sola foto riproduzione, ha infatti impegnato i ricercatori dell’ANCR di Padova per tutto il 2018 e parte del 2019. Una volta concretizzato, però, esso metterà a disposizione di specialisti, studiosi e semplici appassionati una mole considerevole di dati: dalle caratteristiche antropometriche (ogni ruolo matricolare registra infatti altezza, peso, circonferenza toracica, stato della dentatura, colore di occhi e di capelli del coscritto a cui si riferisce), alle malattie eventualmente contratte; dalle onorificenze ricevute, ai provvedimenti disciplinari subiti. Numeri e statistiche (quanti i coscritti; quanti i morti in combattimento, per ferita o per malattia; quanti gli invalidi ed i mutilati; quanti i decorati e quanti i denunciati per autolesionismo, diserzione e qualsiasi altra forma di disobbedienza o dissenso) frutto di una mappatura a livello provinciale (mai tentata sino ad ora!); capace, forse, di gettare nuova luce sulla cosiddetta “collettività della trincea”, perché ottenuta rielaborando non documenti espressi dai singoli soldati, ma documenti interni all’istituzione militare terrestre (il Regio Esercito) e ciononostante prodotti da quella parte della sua struttura burocratico-amministrativa (il Distretto Militare di Padova ed il relativo Ufficio Leva e Matricola) incaricata di reclutare e smistare i coscritti, monitorandone poi lo specifico vissuto militare.

Riuscire a ricostruire la biografia militare di quasi tutti i padovani mobilitati dall'Esercito durante il triennio bellico ’15-’18 (gli ufficiali di carriera e quelli di complemento rimangono purtroppo esclusi, perché inclusi in altri archivi presso il Ministero della Difesa) potrebbe però soprattutto consentire di rimettere in discussione uno stereotipo ancora oggi fin troppo diffuso quando si parla di Grande Guerra: la centralità della trincea e dell’esperienza bellica ad essa correlata ed il loro presunto valore metonimico rispetto al più ampio contesto del conflitto.

Impostosi nell’immaginario collettivo nazionale già a guerra ancora in corso, questo topos sarebbe divenuto forviante dogma esegetico-interpretativo soprattutto alla fine degli anni sessanta, quando università, dipartimenti e cattedre furono letteralmente colonizzati da intere generazioni di studiosi legati, a vario titolo, all’ideologia di sinistra.[11] Interessati a sviluppare solo ricerche incentrate sull’esaltazione delle proteste e sulla stigmatizzazione dei meccanismi repressivi in vigore all’interno dell’Esercito, questi studi, per quanto accurati, puntigliosi e pregevoli, privilegiando soltanto il punto di vista delle classi subalterne e non egemoni (la tanto decantata “visione dal basso”), avrebbero finito per formulare un’immagine della guerra radicalmente diversa (e proprio per questo falsata) rispetto a quella che si sarebbe potuta ottenere continuando ad adottare un approccio ‘teoretico’, estraneo cioè a paradigmi storiografici incentrati sul ribaltamento delle gerarchie e sulla propensione a preferire i soldati agli ufficiali e gli ufficiali di complemento ai generali.[12]

Rapportarsi alla Grande Guerra consapevoli di trovarsi di fronte ad una guerra dalla duplice grammatica (continentale e terrestre e navale e marittima), perché combattuta soprattutto da stati in possesso di confini costituiti da coste e di livelli economico-finanziari tali da potersi dotare, oltre che di un esercito, anche di una marina da guerra, avrebbe comunque consentito di focalizzare la propria attenzione prima sulla grammatica continentale e terrestre e poi sulla sua dimensione tattica (entro i cui orizzonti si collocano tanto l'onnipresente trincea, quanto l’esperienza bellica ad essa correlata). Avrebbe però evitato, forse, a molti studiosi il grottesco errore, spesso involontario (e proprio per questo ancor più ridicolo), di definire quel quadriennio bellico il primo conflitto totale, di massa, in età industriale della storia e poi di sconfessare, automaticamente, la veridicità di quell'affermazione, privando il racconto storiografico della guerra (e la concezione che lo sotto intende) di un'intera grammatica.

Viceversa, un approccio empirico fondato sulla perenne ricerca di fonti atte a trasmettere solo il punto di vista di chi sia stato mobilitato e coscritto all'interno degli eserciti coinvolti nel conflitto (anche quando sostenuto dalla consapevolezza di trovarsi di fronte ad una guerra dalla duplice grammatica) non sarà mai in grado di risalire, attraverso un procedimento sinottico, dalle specificità tattiche della trincea, alla complessità strategica propria di qualsiasi guerra simmetrica fra stati.

Spesso, a pesare in senso negativo, sono pregiudizi di carattere interpretativo[13] o fraintendimenti d'insieme; altre volte sono semplici forme d'inerzia intellettuale, come quella palesata da un contributo di Giorgio Rochat ad un convegno “organizzato a Lucca, nell'ottobre del 1986, dal Centro Interuniversitario di Studi e Ricerche Storico-Militari”: 

Gli ufficiali italiani della prima guerra mondiale sono stati assai più esaltati che studiati, come dimostra la mancanza di dati soddisfacenti sul loro numero e le loro perdite. In questi ultimi venti anni […] studiosi hanno affrontato con risultati assai interessanti l'abbondante memorialistica di guerra (quasi sempre opera di ufficiali inferiori di complemento) da un punto di vista prevalentemente <<politico>> […] Rimane invece da valorizzare la componente <<militare>> di questa memorialistica, ossia il contributo insostituibile che ne può venire all'analisi dei combattimenti e delle dinamiche interne a un esercito di massa, nella durissima e particolare esperienza della guerra di trincea.[14] 

            L'incipit è totalmente focalizzato sulla sola grammatica continentale e terrestre della guerra; eppure, nel periodo immediatamente successivo, quando il discorso appena introdotto sarebbe dovuto entrare nello specifico, l'autore avrebbe ammesso di essere ben consapevole dell'esistenza, anche in Italia, di una marina da guerra nel triennio bellico '15-'18 (esistenza resa esplicita persino dalla bibliografia adoperata)[15], ma di non volersene occupare[16], palesando il carattere inevitabilmente parziale di un contributo che, almeno in principio, sembrava dover essere onnicomprensivo, perché così era stato presentato, stante il titolo e la corrispondenza arbitrariamente istituita: il ridursi di tutti gli ufficiali italiani della prima guerra mondiale alla componente attiva all'interno di “un esercito di massa, nella durissima e particolare esperienza della trincea”.[17]

            Non vi sono garanzie sui possibili risultati di una ricerca incentrata sull'analisi sistematica dei ruoli matricolari di tutti i residenti nella provincia di Padova coscritti all'interno del Regio Esercito durante la grande guerra. Il campione considerato non può dirsi infatti esaustivo neppure in rapporto allo specifico contesto geografico, perché (come già anticipato) continuerebbero a mancare all'appello sottufficiali ed ufficiali (di carriera e di complemento) e tutti i padovani attivi all'interno della Regia Marina (e sappiamo che ve ne furono). Potrebbe però iniziare a colmare l'enorme lacuna ancora patita dalla storia militare regionale (sino ad oggi condotta per lo più attraverso fonti compilative); riproponendo, anche in Italia, l'approccio archivistico già adottato da Jules Maurin con le sue “indagini sistematiche sulle trenta classi mobilitate da due centri di reclutamento del Languedoc”.[18]

            Inoltre, riferendosi a soldati assegnati a tutti i livelli dell’istituzione militare terrestre e non solo a quelli inquadrati nelle unità combattenti, una volta ultimato, oltre a consentirci di stabilire quanti padovani obbligati a vestire la divisa grigio-verde siano stati inseriti nella componente territoriale del Regio Esercito (distretti militari, comandi di presidio, comandi di divisione e di corpo d’armata territoriale), questo spoglio potrebbe anche darci preziose informazioni sui soldati messi a disposizione della Regia Marina e come tali subordinati, dal punto di vista operativo, ai suoi comandi terrestri marittimi: comandi basati a terra, collocati all’interno di quelle porzioni di territorio nazionale soggette alla giurisdizione della forza armata di mare e da questa militarizzati con l’entrata in guerra del paese (su cui, né Cadorna, né Diaz, né il Comando da essi detenuto:  quello Supremo Mobilitato del Regio. Esercito, potevano avere potere).


[2]           Archivio di Stato di Padova [d'ora in poi: ASPd], Ruoli Matricolari Distretto Militare di Padova [d'ora in poi: Ruoli Pd], 1900, Ruolo 208 Dal 30801 al 31401 bis. I numeri di matricola interessati vanno dal 31141 bis al 31150 bis.

[3]           Ibidem. A Padova risultano nati i coscritti contraddistinti dalle matricole 31142 bis; 31143 bis; 31144 bis; 31145 bis; 31146 bis; 31148 bis; 31149 bis e 31150 bis; A Monselice la matricola 31147 bis. A Vigonza la matricola   31141 bis.

[4]           Ibidem. Al Compartimento Marittimo di Venezia risultano assegnate le matricole 31141 bis; 31142 bis; 31145 bis; 31146 bis; 31147 bis; 31148 bis; al Compartimento Marittimo di Genova le matricole 31143 bis e 31144 bis. Le matricole 31149 bis e 31150 bis, invece, risultano rispettivamente: “arruolato nel C.R.E. in qualità di allievo fuochista per la durata di anni 4” ed “arruolato volontario nel C.R.E. in qualità di apprendista per ferma di anni 6”.

[5]           Museo Civico del Risorgimento di Bologna [d'ora in poi: MCRBo], Manifesti bolognesi Grande Guerra [d'ora in poi: Manifesti], Regia Capitaneria di Porto del Compartimento Marittimo di, Chiamata di militari del Corpo Reale Equipaggi in congedo illimitato (Bando emesso il 24.05.1915).

[6]           Cfr La mobilitazione generale dell'Esercito e della Marina, in: Corriere della Sera, Anno 40, n° 141 del 23.05.1915 e La mobilitazione generale dell'esercito e della marina decretata per oggi 23 maggio. Le province dichiarate territorio di guerra. L'arruolamento dei volontari, in: Giornale di Udine, Anno 49, n° 134 del 23.05.1915.

[7]          Cfr MCRBo, Manifesti, Ministero della Marina Direzione Generale del Corpo Reale Equipaggi, 1A Chiamata supplementare di militari del Corpo Reale Equipaggi in congedo illimitato (bando emesso il 05.07.1915) e Ivi, Ministero della Marina Direzione Generale del Corpo Reale Equipaggi, Chiamata di militari del Corpo Reale Equipaggi in congedo illimitato o dispensati all'epoca del richiamo dallea loro classe o categoria (bando s.d.)

[8]           Ufficio del Capo di Stato Maggiore della Marina (Ufficio Storico), Cronistoria documentata della guerra marittima italo-austriaca, Collezione: La preparazione dei mezzi, Fascicolo I, Argomento: Preparazione ed impiego del personale, p 8.

[9]           Ufficio Storico della Regia Marina, La Marina Italiana nella Grande Guerra, Volume 1, La vigilia d'armi sul mare. Dalla Pace di Losanna alla Guerra Italo-Austriaca,Valecchi Editore, Firenze 1935, p 358.

[10]         Ufficio del Capo di Stato Maggiore della Marina (Ufficio Storico), Cronistoria..., cit, p 9.

[11]         Cfr Quinto Antonelli, Cento anni di grande guerra. Cerimonie, monumenti, memorie e contromemorie, Donzelli Editore, Roma 2018, p XVI, in cui l'autore constata, forse con un tono di malcelata malinconia: “Sembrano dunque lontani gli anni sessanta, quando tornavano alla luce i canti e le memorie del dissenso, l'antimilitarismo socialista, il pacifismo cristiano.”

[12]         Cfr Giorgio Rochat, L'efficienza dell'esercito italiano nella Grande Guerra, in: Giorgio Rochat, Ufficiali e soldati. L'esercito italiano dalla prima alla seconda guerra mondiale, Paolo Gaspari editore, Udine 2000, pp 28-29; in cui l'autore, pur sottolineando l'importanza ed il merito di questi studi: rovesciare il discorso “con il difficile reperimento e la valorizzazione di fonti documentarie espresse dai soldati senza mediazioni […], lavorando anche negli archivi di ospedali, tribunali, amministrazioni locali e altri enti che gestivano momenti della vita militare”, identifica il loro limite di fondo nella scelta di non “quantificare il dissenso che registrano”, attribuendogli invece “una valenza più profonda” e trasformandolo quindi in un “dissenso esistenziale, che non nasce da situazioni specifiche, riconducibili a vicende individuali, ma dalla natura stessa della guerra, da una situazione di tutti. […] si fermano all'analisi del rifiuto; senza prendere in considerazione i fattori che ne limitano l'incidenza e che ovviamente non possono essere ricondotti solamente all'apparato repressivo.”

[13]         Cfr Giorgio Rochat Giulio Massobrio, Breve storia dell'esercito italiano dal 1861 al 1943, Giulio Einaudi editore, Torino 1979, p 194, n 10, in cui l'autore reputa possibile sorvolare “sul ruolo della marina italiana, che non fu grande, perché si esaurì nel blocco della flotta austriaca [sic], inferiore e rassegnata. Il dominio dei mari ebbe una parte decisiva nella vittoria dell'Intesa, ma fu dovuto alla potenza marittima di Gran Bretagna [sic] e poi Stati Uniti, cui la marina italiana poté fornire solo un aiuto secondario.”

[14]         Giorgio Rochat, Gli ufficiali italiani nella prima guerra mondiale, in: Giorgio Rochat, L'esercito italiano in pace e in guerra. Studi di storia militare, RARA, Milano 1991, p 113.

[15]         Ivi, pp 113-114, 114 n 1 e 130: “La nostra fonte principale è il volume La forza dell'esercito, curato nel 1927 dall'Ufficio statistico del Ministero della guerra, […] sotto la direzione del competentissimo colonnello Fulvio Zugaro, […] che in aggiunta agli ufficiali dell'esercito mobilitato ne elenca 450 messi a disposizione della marina”.

[16]         Ivi, p 113: “Abbiamo […] cercato di mettere insieme una serie di dati generali sul reclutamento, le promozioni, le perdite e l'impiego degli ufficiali dell'esercito (lasciamo da parte la marina, che presenta problemi troppo diversi)”.

[17]         Ibidem.

[18]         Cfr Giorgio Rochat, Il soldato italiano dal Carso a Redipuglia, in: Diego Leoni e Camillo Zadra (a cura di), La Grande Guerra. Esperienza, memoria, immagini, Società editrice il Mulino, Bologna 1986, p 621.