Da Felonica alla Russia: ritrovate 1.100 salme

Spedizione italo-tedesca alla ricerca dei dispersi della seconda guerra mondiale. Gli effetti personali recuperati dalle fosse comuni esposti da domenica 21 gennaio al museo
SERMIDE E FELONICA. Un lavoro immane, condotto per tre settimane da sue équipes italiana e tedesca con un unico obiettivo: recuperare il maggior numero possibile di resti di militari dispersi in Russia e sepolti in fosse comuni. Lottando contro il fango e la pioggia. Alla fine, la terra russa ha restituito le spoglie di 1.100 prigionieri della Seconda guerra mondiale. Italiani dell’Armir, tedeschi e ungheresi ai quali tuttavia è ancora difficile al momento attribuire un’identità. A tenere i contatti istituzionali l’organismo del ministero della Difesa Onorcaduti. Una speranza, anche labile, per le centinaia di Mantovani che hanno avuto parenti dispersi. Se gli esumati sono tutti catalogati e conservati in Russia in attesa del rientro in Italia, parte degli equipaggiamenti e degli effetti personali sarà in mostra da domenica pomeriggio al Museo della seconda Guerra Mondiale nella località di Felonica. Un’esposizione che resterà aperta sino a fine marzo e che nella stessa giornata di domenica avrà un’anteprima alla mattina per le autorità.

A rendere possibile questi ritrovamenti, l’unione delle forze di tre associazioni storiche italiane: la “Gotica toscana Onlus”, il Museo della Seconda guerra mondiale del fiume Po di Felonica con il direttore Simone Guidorzi e l’associazione Linea Gustav.

Tutto parte dall’offensiva dell’Armata Rossa che nel dicembre del 1942, approfittando della rigidità dell’inverno, lancia una controffensiva accerchiando e facendo prigionieri molti militari tedeschi ed italiani trasferendoli poi in campi d’internamento lontani dal fronte. In uno di questi a Kirov, 800 km a nord est di Mosca sulla vecchia ferrovia Transiberiana si è concentrata dall’autunno del 2016 l’attenzione dei ricercatori che, attraverso tre missioni di studio, affiancati da colleghi russi, hanno individuato le fosse comuni. Qui per evitare epidemie, trovarono sbrigativa sepoltura migliaia di prigionieri militari, stremati dalle rigide condizioni climatiche della primavera del ’43, dalla fame e dagli stenti.

«L’associazione russa di giovani volontari, Dolg – spiega Guidorzi – ha condotto i primi scavi durante l’estate scorsa. Il lavoro congiunto svolto durante queste missioni ha visto l’individuazione, la delimitazione e il sondaggio delle fosse comuni dove risultavano sepolti migliaia di militari. Con l’aiuto dei nostri volontari sono stati recuperati circa 300 corpi tra italiani, ungheresi e tedeschi. A questi vanno sommate le circa 800 riesumazioni, effettuate sempre nell’estate 2017, dal personale russo alle dipendenze del Vdk, la più grande associazione sociale tedesca con un milione e 800mila soci».