COMBATTENTI
FRANCESCO SINOPOLI
SINOPOLI FRANCESCO, nato a Catanzaro il 03.09.1923, abitante a Catanzaro Lido (attualmente il nome della strada è via Nazionale) arruolatosi nel Regio Esercito il 18.01.1943., meno di 20 anni.-
19.01.1943:- viene incorporato nella 22° Divisione fanteria “Cacciatori delle Alpi”; 52° reggimento fanteria, destinazione Albania.-
1941:- Dopo l'armistizio con la Francia, il Reggimento raggiunge il fronte greco-albanese dove in condizioni ambientali proibitive difende accanitamente il caposaldo sulle alture di Giafa e Murit respingendo i ripetuti attacchi greci; dopo un lungo periodo di guerra di trincea nella primavera 1941 i fanti passano al contrattacco sfondando le linee nemiche. Conclusa la campagna di Grecia il Reggimento viene impiegato in operazioni di polizia in Jugoslavia.
1942/1943:- Il Reggimento opera in territorio jugoslavo con compiti di presidio e controguerriglia contro i partigiani.-
Il modello occupazionale italiano non fu difforme a tanti altri modelli occupazionali del tempo, senza dimenticare che esso fu applicato in regioni dove gli italiani erano percepiti dalla popolazione locale come aggressori e come tali furono apertamente osteggiati e contrastati. Vista anche la politica repressiva ed efferata attuata, tipica delle zone occupate militarmente in un paese nemico che si ribella all'occupazione, si sviluppò una guerriglia partigiana variamente appoggiata dalla popolazione civile.
In particolare la lotta contro i partigiani sloveni fu condotta con modalità di guerra dure, talvolta spietate alla ferrea volontà italiana di trasformare in suolo patrio, territori non abitati in maggioranza da italiani (se non in una esigua parte della Dalmazia).
Questa intricata vicenda storica scatenò in questa regione (dove si era già diffusa nel tempo tra la popolazione slava, la fama italiana della nazionalizzazione forzata dell'Istria) un conflitto tra guerriglieri/partigiani e Regio Esercito particolarmente violento, nel quale la componente di odio reciproco alimentata dagli opposti orientamenti ebbe un ruolo determinante. Gli attacchi partigiani furono quindi caratterizzati da un'insolita violenza anche nei confronti dei resti dei soldati italiani uccisi in conflitto (che furono spesso ritrovati orrendamente mutilati). In questo contesto la vendetta per i compagni caduti fu una componente psicologica non secondaria, che unita alla propaganda del tempo, che individuava nello slavo un essere umano quantomeno subalterno (quando non esplicitamente "barbaro") scatenò la reazione particolarmente efferata del Regio Esercito.
Per comprendere quanto fosse alta la tensione tra Italiani e Slavi sulle terre contese di questa parte di regione adriatica storicamente indivisa (semplificando gli italiani occupavano la costa, gli slavi l'interno) e quanto fosse reciproco il disprezzo e l'odio ormai stratificatosi maturato negli ultimi cinquant'anni di reciproco nazionalismo che sarebbe poi culminato nelle foibe, basti pensare che i partigiani dell'Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia si impegnarono per raggiungere e occupare al più presto il territorio conteso di Trieste ancora prima di liberare la stessa Lubiana.
Dopo l'8 settembre 1943 in Jugoslavia, nella zona di Lubiana, a seguito degli eventi che determinarono l'armistizio, il reparto venne sciolto.
Per non far cadere la Bandiera nelle mani dei tedeschi, il 9 Settembre del 1943 il drappo e la lancia vennero nascosti nello zaino dell’Alfiere del Reggimento e seguirono quest’ultimo nelle amare vicissitudini della prigionia nei campi di concentramento.
Ora qui in assenza di prove certe e documentate possiamo solo fare delle ipotesi sulla fine di SINOPOLI Francesco.
• Viene catturato dall’ex alleato tedesco, quindi o passato immediatamente per le armi, o condotto in un campo di concentramento, al quale però non deve essere mai arrivato visto che non risulta censito da nessuna parte.
• Rimasto isolato in territorio ostile, senza nessun appoggio da parte del neo governo Italiano il Col. Umberto Scalcino, decise di sciogliere il reparto. Per sciogliere il reparto è evidente che non vi era nessun tipo di collegamento con i Comandi superiori, quindi assenza totale di ordini; mancanza di qualsiasi forma di sussistenza e di logistica; in territorio nemico, in un ambiente ostile (la popolazione locale ci considerava una forza occupante e non vedeva l’ora di liberarsi di noi, dopo anni di accese lotte); soldati allo sbando, quindi non più un gruppo omogeneo e compatto, inoltre senza poter contare neanche sull’ex alleato tedesco, che ufficialmente non aveva ancora compreso se eravamo nemici o meno, infatti la dichiarazione di guerra alla Germania avverrà nel successivo mese di ottobre 1943. Quindi molto probabilmente rimase vittima dei guerriglieri/partigiani locali.
19.01.1943:- viene incorporato nella 22° Divisione fanteria “Cacciatori delle Alpi”; 52° reggimento fanteria, destinazione Albania.-
1941:- Dopo l'armistizio con la Francia, il Reggimento raggiunge il fronte greco-albanese dove in condizioni ambientali proibitive difende accanitamente il caposaldo sulle alture di Giafa e Murit respingendo i ripetuti attacchi greci; dopo un lungo periodo di guerra di trincea nella primavera 1941 i fanti passano al contrattacco sfondando le linee nemiche. Conclusa la campagna di Grecia il Reggimento viene impiegato in operazioni di polizia in Jugoslavia.
1942/1943:- Il Reggimento opera in territorio jugoslavo con compiti di presidio e controguerriglia contro i partigiani.-
Il modello occupazionale italiano non fu difforme a tanti altri modelli occupazionali del tempo, senza dimenticare che esso fu applicato in regioni dove gli italiani erano percepiti dalla popolazione locale come aggressori e come tali furono apertamente osteggiati e contrastati. Vista anche la politica repressiva ed efferata attuata, tipica delle zone occupate militarmente in un paese nemico che si ribella all'occupazione, si sviluppò una guerriglia partigiana variamente appoggiata dalla popolazione civile.
In particolare la lotta contro i partigiani sloveni fu condotta con modalità di guerra dure, talvolta spietate alla ferrea volontà italiana di trasformare in suolo patrio, territori non abitati in maggioranza da italiani (se non in una esigua parte della Dalmazia).
Questa intricata vicenda storica scatenò in questa regione (dove si era già diffusa nel tempo tra la popolazione slava, la fama italiana della nazionalizzazione forzata dell'Istria) un conflitto tra guerriglieri/partigiani e Regio Esercito particolarmente violento, nel quale la componente di odio reciproco alimentata dagli opposti orientamenti ebbe un ruolo determinante. Gli attacchi partigiani furono quindi caratterizzati da un'insolita violenza anche nei confronti dei resti dei soldati italiani uccisi in conflitto (che furono spesso ritrovati orrendamente mutilati). In questo contesto la vendetta per i compagni caduti fu una componente psicologica non secondaria, che unita alla propaganda del tempo, che individuava nello slavo un essere umano quantomeno subalterno (quando non esplicitamente "barbaro") scatenò la reazione particolarmente efferata del Regio Esercito.
Per comprendere quanto fosse alta la tensione tra Italiani e Slavi sulle terre contese di questa parte di regione adriatica storicamente indivisa (semplificando gli italiani occupavano la costa, gli slavi l'interno) e quanto fosse reciproco il disprezzo e l'odio ormai stratificatosi maturato negli ultimi cinquant'anni di reciproco nazionalismo che sarebbe poi culminato nelle foibe, basti pensare che i partigiani dell'Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia si impegnarono per raggiungere e occupare al più presto il territorio conteso di Trieste ancora prima di liberare la stessa Lubiana.
Dopo l'8 settembre 1943 in Jugoslavia, nella zona di Lubiana, a seguito degli eventi che determinarono l'armistizio, il reparto venne sciolto.
Per non far cadere la Bandiera nelle mani dei tedeschi, il 9 Settembre del 1943 il drappo e la lancia vennero nascosti nello zaino dell’Alfiere del Reggimento e seguirono quest’ultimo nelle amare vicissitudini della prigionia nei campi di concentramento.
Ora qui in assenza di prove certe e documentate possiamo solo fare delle ipotesi sulla fine di SINOPOLI Francesco.
• Viene catturato dall’ex alleato tedesco, quindi o passato immediatamente per le armi, o condotto in un campo di concentramento, al quale però non deve essere mai arrivato visto che non risulta censito da nessuna parte.
• Rimasto isolato in territorio ostile, senza nessun appoggio da parte del neo governo Italiano il Col. Umberto Scalcino, decise di sciogliere il reparto. Per sciogliere il reparto è evidente che non vi era nessun tipo di collegamento con i Comandi superiori, quindi assenza totale di ordini; mancanza di qualsiasi forma di sussistenza e di logistica; in territorio nemico, in un ambiente ostile (la popolazione locale ci considerava una forza occupante e non vedeva l’ora di liberarsi di noi, dopo anni di accese lotte); soldati allo sbando, quindi non più un gruppo omogeneo e compatto, inoltre senza poter contare neanche sull’ex alleato tedesco, che ufficialmente non aveva ancora compreso se eravamo nemici o meno, infatti la dichiarazione di guerra alla Germania avverrà nel successivo mese di ottobre 1943. Quindi molto probabilmente rimase vittima dei guerriglieri/partigiani locali.