Chiarle e Cerboni, due Medaglie d’Oro della Strafexpedition
“Improvvisamente, una nostra mitragliatrice aprì il fuoco. Io mi levai per vedere. Gli Austriaci attaccavano. Chi ha assistito agli avvenimenti di quel giorno, credo che li rivedrà in punto di morte”. Così scriveva Emilio Lussi nel suo celebre romanzo-diario Un anno sull’Altipiano. Era il 15 maggio 1916 quando trecento battaglioni e oltre duemila pezzi di artiglieria si riversarono e aprirono il fuoco sulle posizioni italiane lungo l’Altipiano di Asiago e il Monte Pasubio, difese da appena 170 battaglioni e poco più di 850 cannoni. Era l’inizio della spedizione punitiva contro l’Italia, la Strafexpedition, per punire il tradimento italiano alla Triplice Alleanza e l’entrata nel conflitto, un anno prima, a fianco delle potenze dell’intesa. L’intento dei soldati di Vienna era quello di rompere lo schieramento italiano e dilagare nella pianura veneta, costringendo l’ormai ex alleato ad una rapida resa. Nella notte tra il 14 e il 15 maggio 1916, le artiglierie austriache riversarono sulle posizioni italiane centinaia di granate, lungo un settore di fronte ampio circa 70 km: ciò avrebbe permesso, una volta sfondato, di dilagare in Veneto. Per contro, le poche artiglierie italiane non risposero prontamente all’attacco, a causa di ordini da parte del Comando Supremo che non giunsero mai. Fu solo per l’iniziativa di alcuni valorosi ufficiali se qualche pezzo fece tuonare la sua bocca da fuoco.
Felice Chiarle, una vita passata in Artiglieria, era stato destinato nel settore di Vallarsa, di fronte Rovereto, alle dipendenze del 79° Reggimento Fanteria, inquadrato nella Brigata Roma. Prima del conflitto, era stato destinato alla Scuola di Artiglieria, periodo durante il quale aveva personalmente curato l’addestramento di numerosi soldati e ufficiali, che sarebbero poi stati ai suoi ordini. Promosso Maggiore, dopo averlo formato egli stesso, partì per il fronte del Trentino al seguito del XVII Gruppo Artiglieria da Montagna. Travolto in pieno il suo settore fin dagli inizi della Strafexpedition, diede ordini ai suoi uomini di fare fuoco sulle truppe austriache avanzanti, anche solo per rallentarne il cammino e permettere alle retroguardie di organizzare una difesa maggiore. Spararono senza sosta, gli Artiglieri del Maggiore Chiarle. Continuarono fino a quando non furono esaurite le munizioni e tutti i pezzi messi fuori uso. Radunati i pochi superstiti dagli avamposti vicini, assieme a quello che restava del 79° Reggimento Fanteria, diede ordine di inastare le baionette e balzare fuori dalle trincee attaccando frontalmente il nemico. Cadde alla testa degli uomini al suo comando, anche se il suo rango di Ufficiale gli avrebbe permesso di restare a dirigere il contrattacco dalle linee più arretrate. Per il suo gesto eroico venne insignito della Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria: “Comandante di un gruppo di artiglieria da montagna in sussidio alle Fanterie, mancando il Capitano di una delle batterie più esposte, ne assumeva personalmente il comando che tenne per quattro giorni sotto intenso bombardamento nemico e fino a quando gli vennero distrutti tutti i pezzi. Ferito nei primi due giorni alla spalla ed alla testa si rifiutava di lasciare i suoi uomini e la posizione che concorreva poi, con i superstiti, all’assalto alla baionetta con le Fanterie, cadendo eroicamente sul campo. Trambileno, 15-18 maggio 1916″.
Poco distante dalle posizioni tenute dal Maggiore Chiarle e dai suoi uomini, era dislocato l’altro Reggimento della Brigata Roma, l’80° Fanteria. Il Tenente Umberto Cerboni, dell’8 Compagnia, aveva il compito di presidiare la valle del torrente Leno di Vallarsa, nei pressi di Rovereto. Appena entrata in guerra l’Italia, il 24 maggio 1915, l’allora Sottotenente Cerboni prese parte all’occupazione di vaste aree del Trentino, già abbandonate dagli Austriaci, in cui gli Italiani poterono realizzare osservatori e capisaldi. Quando, nella notte del 14 maggio 1916, si scatenò il fuoco nemico, i Fanti dell’80° Reggimento resistettero per due giorni agli assalti avversari: il Tenente Cerboni, ripiegando ordinatamente, occupò una trincea alle pendici del Col Santo, prima di essere accerchiato in una sacca. Sebbene da più parti provenissero intimazioni di resa, continuò ad incitare i suoi uomini a resistere ad oltranza, fino a quando, esaurite le munizioni, assaltò all’arma bianca gli attaccanti. Fu solo allora che, ferito, cadde durante l’ennesimo assalto. Dopo la guerra, gli venne conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria: “In giornate che misero a dura prova il valore e la resistenza dei nostri, seppe con la Compagnia al suo comando, mercè il grande ascendente morale e l’esempio del valore personale, costituire una linea di petti irremovibili. Ricevuto l’ordine di abbandonare la sua insostenibile posizione, ripiegava coi resti del valoroso reparto, riportandolo al fuoco su altro punto del fronte. Successivamente, avuto il compito di guarnire una posizione avanzata, dalla quale si sarebbe poi dovuto sferrare un contrattacco, vi si portava alla testa di un manipolo dei suoi. Accerchiato da un nugolo di nemici che gli intimarono la resa, benché conscio dell’impossibilità di compiere il suo mandato, si lanciava eroicamente nella lotta, abbattendo i più audaci col calcio del moschetto. Percosso, ferito, stretto più da vicino, neppure si arrese ed altri nemici uccideva all’arma bianca finché, sopraffatto dal numero, cadeva da eroe, fulgido esempio del più alto valore, spinto fino al consapevole sacrificio di se stesso, nel compimento del dovere. Altipiano di Pozza, Trentino, 15-17 maggio 1916″.