A vederlo oggi, passeggiando lungo la carrareccia che porta da Malga Fratte porta al cuore del gruppo delle Melette, sull’altopiano di Asiago, il monte Badenecche appare davvero un placido colle, dalla superficie anche molto ridotta… A selletta Baratono (così intitolata in ricordo del Maggiore Giuseppe Baratono, comandante del battaglione di alpini Val Dora) viene voglia di tirare fuori un telo, stendersi, fare un picnic. Il paesaggio è dolce e piacevole. Solo un occhio attento riesce a decifrare le tracce sul terreno… il monte Badenecche è ancora tutto butterato dai colpi delle artiglierie che duellarono e crivellarono la superficie del monte, frugando alla ricerca dei reparti ivi appostati. Fu qui, esattamente 100 anni fa, il 4 dicembre 1917, che si consumò una battaglia furiosa. Gli italiani, nel disperato tentativo di trattenere gli austriaci che ormai avevano superato le robuste difese della parte settentrionale delle Melette (monti Fior, Castelgomberto, Spil, Miela, Tondarecar…), mandarono alla rinfusa i reparti disponibili su per la china del Badenecche, nella speranza di arginare, e trattenere gli austria
ci almeno il tempo necessario per sganciare il grosso delle truppe a sud di Foza e riorganizzare lo schieramento su quelle posizioni che già nel giugno 1916 erano state approntate a difesa durante la Strafexpedition… nomi di monti che diventeranno famosi, monte Valbella, Col D’Echele, Col del Rosso, monte Eckar… Fra i reparti mandati a monte Badenecche vi è il 6° reggimento bersaglieri, con sede a Bologna, che già aveva aspramente combattuto durante la ritirata dal fronte dell’Isonzo. Fra i tanti ufficiali del reggimento ve n’è uno che legherà per sempre il suo nome al monte Badenecche: Giacomo Pallotti. Nato il 6 febbraio 1897 a Bologna, da una famiglia benestante, a soli 20 anni ha già un curriculum militare di tutto rispetto. Basta solo citare
l’ onorificenza che ha appena guadagnato (è addirittura ancora in fase di assegnamento!) poco più di un mese prima, il 28 ottobre 1917, quando, a Pradamano, dopo che il suo reggimento aveva già combattuto aspramente per la difesa del monte Globocak, si era prodigato, con pochissimi uomini, nella difesa del paese manovrando una mitragliatrice da sopra il tetto di una casa. Poi la ritirata e il rientro in linea sull’altopiano di Asiago. Qui, con il suo reparto, lanciato al contrattacco su monte Badenecche, troverà la morte meritando per il suo gesto la medaglia d’oro al valor militare con la seguente motivazione: “In un momento criticissimo dell’azione, con raro ardire lanciavasi alla testa del suo plotone contro il nemico che irrompeva nelle nostre trincee. Dopo fiera lotta
alla baionetta, riusciva a rioccupare la posizione perduta, che difendeva poi con eroismo e tenacia. Stando ritto sulla trincea, animava i suoi soldati a raddoppiare le forze per far fronte al soverchiante numero di nemici, finché, colpito in fronte da palla nemica, cadeva gloriosamente sul campo. Monte Badenecche, 4 dicembre 1917″. Giacomo Pallotti è, insieme a Alfonso Samoggia, Corrado Mazzoni ed Ivo Lollini, una delle medaglie d’oro bolognesi (di nascita) della Grande Guerra. Alla sua memoria è stata posta a Selletta Baratono una lapide. Insieme ai bersaglieri del 6° furono spediti sul Badenecche anche gli alpini del battaglione Sette Comuni, fra i quali militava il sottotenente Ernesto Lino Sala Rosa nato in provincia di Mantova a San Prospero di Suzzara il 22 dicembre 1894. Sala Rosa era in licenza nella sua Bologna quando venne a sapere della battaglia di Caporetto. Era da poco andato a trovare i suoi compagni di squadra del Bolgona Football Club 1909 al campo di allenamento. Era anche lui uno di loro: mediano a centrocampo, con buone doti tecniche, ricordano ancora oggi gli almanacchi d’epoca. Senza terminare i suoi giorni di licenza torna al reparto e rientra in servizio proprio in tempo per partecipare all’azione di monte Badenecche, dove trovò anch’esso la morte, meritando a sua volta un’onorificenza, una medaglia d’argento, con la seguente motivazione: “Comandnte di una sezione lanciatubi, arditamente muoveva alla riconquista delle proprie armi, dovute momentaneamente abbandonare per l’impeto dell’attacco nemico. Ferito gravemente una prima volta, continuava l’azione, finché cadde nuovamente e mortalmente colpito. Monte Badenecche, 4 dicembre 1917”.



Il monte Badenecche quel giorno reclamò molte vite e fu, infine, perduto dalle truppe italiane, che però riuscirono a riorganizzarsi e a difendersi efficacemente al di là di Foza, su nuove posizioni.
Ancora oggi questi luoghi parlano del proprio passato e delle sofferenze che li hanno visti teatro inconsapevole delle follia degli uomini. Cento anni fa, sul monte Badenecche, dove oggi regna la pace e il silenzio tipico della montagna, si moriva. Visitarlo oggi, consci di questo, non può lasciare indifferenti.
In ricordo di due dei ragazzi del Badenecche oggi dimenticati.