Cento anni a sostegno della collettività. La Federazione Padovana dell'ANCR in città ed in provincia
Di Tommy Pizzolato
L'attività assistenziale è insita nel DNA stesso dell'Associazione Nazionale Combattenti e Reduci, nata dopo un conflitto totale e di massa come quello che sconvolse l'Europa (ed il mondo) nel quadriennio '14-'18.
La guerra, infatti, non aveva solo innescato un processo di nazionalizzazione delle masse; aveva anche sottratto ogni singolo coscritto alla propria realtà quotidiana, per catapultarlo all'interno di un'esperienza, spesso brutale, destinata ad essere solo una parentesi, talvolta quella conclusiva, nel più ampio contesto della sua esistenza.
Al dovere (imposto, ma anche sentito) della militanza in armi, soprattutto se segnata da traumi, invalidità, mutilazioni, molti coscritti (quelli più istruiti in primis) avrebbero quindi cominciato a chiedere corrispondesse anche un insieme di diritti necessari a riequilibrare e a remunerare il peso del dovere. Una volta riconosciuto, il diritto alla ricompensa avrebbe però assunto i connotati di una serie di atti burocratico-amministrativi che avrebbero richiesto una dimestichezza con la parola scritta e con le competenze giuridiche ancora oggi propria solo di specifiche categorie di professionisti.
In un paese in cui l'analfabetismo e l'ignoranza (intesa come assenza di formazione scolastica) erano la norma, gli uffici dell'ANCR poterono quindi rappresentare un punto di riferimento ed un valido per istituire pratiche di pensione di guerra e richieste di benefici combattentistici per tutti quei reduci che avessero fatto ritorno a casa o per i familiari di coscritti morti in guerra o deceduti per cause connesse alla loro partecipazione al conflitto in qualità di militari. Attività che tutt'ora la Federazione di Padova (come qualsiasi altra Federazione) continua a portare avanti, interagendo per conto dei reduci o dei loro familiari con le istituzioni competenti in materia. Rientrano in questo contesto, anche se talvolta rispondono a logiche leggermente diverse, le pratiche relative ai risarcimenti riconosciuti a chi sia stato lavoratore coatto in Germania.
Oltre a non essere sempre agevole da espletare, l'iter burocratico necessario a godere di determinati benefici poteva addirittura presentare ostacoli connessi al riconoscimento del proprio diritto a godere del beneficio; per questo, per un lungo lasso di tempo e senza pretendere alcun tipo di remunerazione economica, la Federazione avrebbe messo a disposizione dei propri iscritti anche un gruppo di legali che li affiancasse, offrendo assistenza a livello giuridico e giudiziario. Un servigio che, per i soci meno abbienti, sarebbe stato esteso, a titolo sempre gratuito, anche a quelle controversie legali private non connesse alla loro pregressa militanza in guerra.
Centrale in una società uscita da due conflitti combattuti con strumenti bellici (le Forze Armate) alimentati attraverso la coscrizione obbligatoria e la mobilitazione generale, in cui quindi lo status di ex-combattente e di reduce era particolarmente diffuso all'interno della popolazione maschile ed in cui le conseguenze economico-finanziarie e le ricadute sociali della guerra erano ancora evidenti, l'attività di assistenza posta in essere dalla Federazione di Padova assunse i connotati di un vero e proprio sostegno materiale (fatto di distribuzione di pacchi vestiario, di pacchi viveri e di sussidi) a avantaggio dei tesserati indigenti, che, spontaneamente, vedevano nell'Associazione non solo una possibile fonte di aiuto, ma un autentico punto di riferimento.
All'interno di queste logiche, si colloca quindi la scelta di fornire ai propri iscritti anche assistenza medico-sanitaria gratuita, creando, a Padova, nel 1928, un ambulatorio presso cui i medici soci della Federazione prestassero servizio. Si stima che, prima della Seconda Guerra Mondiale, siano state praticate all'incirca 5.000 prestazioni mediche gratuite a favore di tesserati e loro familiari e che questa attività non si sia interrotta neppure durante gli anni della guerra. Dopo il '45, l'ambulatorio allargò i propri servigi anche ai profughi dell'Africa italiana e ai soci (e ai loro familiari) di altre associazioni combattentistiche: caduti, mutilati, orfani. Nel marzo del '52, poi, l'attività venne estesa oltre i confini del Comune di Padova, creando, a Piove di Sacco, un secondo ambulatorio, capace di assicurare assistenza sanitaria ai soci della zona, per un totale di 100 visite al mese. Ad interrompere il servizio, dopo il 1970, fu solo l'introduzione della nuova assistenza sanitaria nazionale, che lo rese non più necessario.
Intrecciata alla duplice azione di sostegno economico e sanitario, era anche la scelta di offrire, sempre ai soci meno abbienti, aiuto per far studiare i figli e per permettere loro di godere i benefici di vacanze estive svolte al mare o in montagna.
A partire dal 1949, infatti, la Federazione avrebbe iniziato ad assicurare soggiorni in colonie estive gestite da altri enti (Croce Rossa Italiana in primis), permettendo ogni anno a circa 300 ragazzi di usufruire di vacanze gratuite. Sino al 1977, poi, grazie ai propri legami con il Madrinato Nazionale, essa permise a molti figli di soci indigenti di studiare senza gravare sulle rispettive famiglie di origine, perché dette loro la possibilità di essere inseriti in collegi ed in istituti che avrebbero fornito loro una valida istruzione. Come molte altre attività assistenziali promosse dalla Federazione, anche questa andò poi lentamente scemando, sino ad essere definitivamente interrotta, quando divenne evidente non esistessero più i presupposti e soprattutto la necessità di protrarla.
Del resto l'inesorabile scorrere del tempo, che, allontanando gli anni della guerra, assottigliava le file dei reduci ed obbligava la Federazione di Padova ad interagire sempre più solo coi loro familiari e coi loro eredi, determinava anche radicali trasformazioni all'interno della stessa società italiana: sviluppo economico e benessere sociale rendevano infatti l'attività assistenziale meno impellente, finendo per dirottarla verso specifiche categorie di persone, non necessariamente legate all'associazionismo ex combattentistico in virtù del loro vissuto o di una forma di parentela con ex combattenti e reduci.
Quello che, nell'immediato dopo guerra, si configurava come una costante nell'opera della Federazione: contattare istituzioni e possibili datori di lavoro per favorire l'inserimento o il re-inserimento lavorativo dei soci mediante segnalazioni, raccomandazioni, lettere di presentazione si sarebbe quindi ridotta sensibilmente.
Negli anni '50, però, col proprio operato, essa riusciva a trovare lavoro ad una media di 20/30 soci ogni mesi, perché aveva esteso l'attività di intermediazione anche al lavoro stagionale e alla creazione di cooperative di lavoro costituite da ex combattenti. Altri aspetti degni di nota furono l'organizzazione di corsi di aggiornamento professionale, soprattutto nel contesto dell'agricoltura (all'epoca ancora preponderante), ed una costante attività di controllo sull'avvenuta applicazione in loco di quelle leggi di tutela degli ex-combattenti in ambito lavorativo, a suo tempo promosse dall'ANCR.
n.d.r
Già pubblicato in Opinioni Nuove Notizie, Anno LVI(XVI Nuova Serie) - Numero 6, 2019