Caccia alla Bismarck
Portava il nome di Otto von Bismarck, il Cancelliere che nel XIX secolo aveva dato vita all’Impero Tedesco, quel Secondo Reich che doveva riportare il popolo tedesco agli antichi splendori del Sacro Romano Impero, sorto il 2 maggio 962 con Ottone I. Impostata nel 1936 e varata tre anni più tardi, il 14 febbraio 1939, la Nave da Battaglia Bismarck, con i suoi 241 metri di lunghezza, una velocità massima di quasi 31 nodi e con un armamento composto da ben 72 cannoni di diverso calibro e quattro tubi lanciasiluri, rappresentava la rinascita voluta da Adolf Hitler della Kriegsmarine, che fino ad allora era stata costretta, per i vincoli imposti dal Trattato di Versailles conseguente alla sconfitta subita nel corso del primo conflitto mondiale, a limitare il tonnellaggio delle singole navi, che non dovevano superare le 10.000 tonnellate, e nel divieto di costruire portaerei, sommergibili, sviluppare un’aviazione navale e artiglieria costiera pesante. Anche se il piano del riarmo della marina del Reich non avrebbe potuto competere con la potenza navale britannica, la volontà era quella di realizzare un naviglio qualitativamente superiore e all’avanguardia, così da poter competere agilmente sui mari e negli oceani. La Bismarck, pertanto, rappresentò per quegli anni il meglio che la cantieristica navale avesse da offrire. Completata appena in tempo pochi mesi prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, fin dalle prime operazioni rappresentò una spina nel fianco per la Royal Navy, così come per i convogli alleati che incrociavano nell’Atlantico e nel Mar del Nord.
Assieme all’Incrociatore Pesante Prinz Eugen, la Bismarck ebbe l’ordine di trasferirsi in Atlantico, area d’operazioni dove l’Ammiragliato britannico aveva ipotizzato si svolgessero gli attacchi delle grandi navi tedesche. Da Londra, fu così dato ordine ad una squadra navale di corazzate e incrociatori di intercettare il prima possibile la formazione tedesca: il 23 maggio 1941, i Tedeschi iniziarono il forzamento del Canale di Danimarca, venendo avvistati dalla squadra navale inglese intorno alle 18.00 della sera. La mattina seguente iniziò lo scontro: alle 05.42 l’Incrociatore inglese Hood apriva il fuoco con le sue batterie sul Prinz Eugen, senza però provocargli alcun danno serio, a cui si unì poco dopo il Prince of Wales. All’improvviso, però, si udì un potente boato: giungendo a tutta velocità, alle 05.55 la Bismarck aprì il fuoco con tutti i suoi pezzi, mancando però il bersaglio; pochi istanti dopo un colpo da 203 mm, sparato dal Prinz Eugen, causava un vasto incendio a bordo dello Hood. Fecero così seguito attimi di panico a bordo della nave inglese che, cinque minuti dopo la prima salva, venne colpita a centro nave da una potente bordata della Bismarck: l’Incrociatore si spezzò in due e affondò in pochi minuti. Con gli Inglesi occupati nel recupero dei naufraghi e la Prince of Wales gravemente danneggiata, i Tedeschi poterono così raggiungere l’Atlantico.
Il comandante della formazione tedesca, Ammiraglio Gunther Lutjens, era però conscio che da quel momento in poi gli Inglesi (e tutta la Royal Navy) gli avrebbero dato la caccia; per di più, la Bismarck era stata danneggiata nello scontro: due salve di cannone avevano aperto due falle al di sotto della linea di galleggiamento, causando uno sbandamento di circa tre gradi, la perdita oltre mille tonnellate di nafta e la riduzione della velocità ad appena 28 nodi. Decise così di lasciare libero di proseguire la missione al Prinz Eugen, mentre avrebbe condotto la grande Nave da Battaglia verso il continente per le riparazioni necessarie. Tutte le navi inglesi disponibili vennero dirottate verso l’Atlantico: una possente formazione navale venne così a costituirsi, comprendente due portaerei, tre corazzate, quattro incrociatori e sette cacciatorpediniere. Il primo attacco alla nave tedesca venne portato da otto aerei decollati dalla Portaerei Victorius ma, nonostante un siluro avesse centrato la Bismarck, nessun danno di rilievo venne causato. Fu così persa di vista, per essere nuovamente localizzata nella mattina del 26 maggio 1941, quando era ormai prossima al porto di Brest: venne lanciato un secondo attacco dal cielo senza successo, ma un terzo raid, scattato alle 19.00 dello stesso giorno, segnò, di fatto, il destino della Corazzata: un siluro lanciato da aerosiluranti, alle 19.50, centrò in pieno il timone, l’unico punto indifeso della nave, rendendola praticamente ingovernabile, riducendone drasticamente la velocità. La mattina del 27 maggio si compì il suo destino: raggiunta dalle Corazzate Rodney e King George V iniziò un’impari lotta, a cui si aggiunsero gli Incrociatori Norfolk e Dorsetshire. La quantità di fuoco che si riversò sulla nave tedesca ne ridusse progressivamente le capacità offensive, tanto che alle ore 10.00 essa cessò completamente il fuoco. Alle 10.40, per lo scoppio delle cariche preparate dai marinai tedeschi e da una salva di siluri lanciati dal Dorsetshire, la nave si rovesciò su un fianco e affondò. Nella battaglia e nell’affondamento che ne seguì, persero la vita oltre duemila marinai tedeschi, compresi i comandanti della squadra navale e della nave da battaglia, gli Ammiragli Gunther Lutjens e Ernst Lindemann.