La Compagnia a cui venne assegnato Attilio Pumpo, la Sassari, vedeva provenire gran parte dei suoi ufficiali, sottufficiali e militari di truppa proprio dal capoluogo sardo, da cui prendeva il nome. Come si legge nel volume Le indomite Fiamme Gialle della 21a Compagnia Sassari, scritto e curato da Gerardo Severino, ufficiale della Guardia di Finanza, il 5° Battaglione nel giugno 1915 prese posizione in Val d’Astico, aggregato al 71° Reggimento Fanteria del Regio Esercito, dove iniziò “la durissima vita di trincea, alternandola con le altrettanto durissime azioni di pattuglia e nei servizi di polizia militare, anche a tutela della popolazione locale”. Ma le Fiamme Gialle si distinsero particolarmente nel secondo anno di guerra, il 1916, quando si resero protagoniste di una serie di azioni ardite ed eroiche proprio su quel Monte Cimone dove il giovane Attilio Pumpo troverà la morte. Su tale vetta si trovava un munito caposaldo austriaco, la cui difesa era stata affidata al 59° Reggimento Fanteria di Salisburgo: inizialmente, il Comando Supremo italiano pensò di tagliare fuori il Monte Cimone, avanzando ai lati e isolando di fatto gli Austriaci sulla vetta; il tiro delle artiglierie di Vienna, però, impedirono il compimento i tale piano. Restava, così, solo un’azione da intraprendere: cogliere il nemico di sorpresa cercando di sferrare un colpo di mano per occupare la vetta. Il 1° luglio 1916 ebbe inizio la prima scalata: agli ordini del Sottotenente Beniamino Porzio, una trentina di Fiamme Gialle si inerpicarono lungo dirupi, mulattiere e piccoli sentieri. Riuscirono a giungere sulla vetta, ma la pronta reazione della fucileria austriaca fece desistere, a costo di gravi perdite, dal continuare l’attacco.
Passarono appena due giorni, che il 4 luglio l’impresa venne nuovamente tentata, con una pattuglia composta da venti Finanzieri: tra essi anche la Guardia Attilio Pumpo. Partiti dal fondo valle la sera del giorno 3, sebbene appoggiati dal fuoco delle artiglierie italiane, quando le prime avanguardie giunsero di fronte alle postazioni austriache, un nuovo, violento fuoco si riversò su di loro. Non riuscendo nella conquista dei trinceramenti, anche questi uomini dovettero mestamente ritirarsi: solo in cinque uscirono incolumi da questa seconda azione, essendo gli altri morti o feriti, più o meno gravemente. E fu in questi concitati frangenti che Attilio divenne, suo malgrado, il più giovane militare italiano a cadere per la conquista del Monte Cimone. Come ricordato nella motivazione della Medaglia d’Argento al Valor Militare alla Memoria, non desistette dall’azione, neanche quando venne ferito una prima volta e tutti i suoi compagni lo pregavano di mettesi in salvo. Anzi, si espose ancora di più e, continuando a tenere gli Austriaci sotto tiro con le proprie armi, venne raggiunto da una seconda scarica di fucileria nemica che ne stroncò la giovane vita. I giorni successivi, altre due scalate vennero tentate per conquistare la cima tanto difesa dai soldati di Vienna: l’ultima, ancora una volta infruttuosa, fu tentata il 6 luglio e, nuovamente, le Fiamme Gialle della 21a Compagnia Sassari vi presero parte, pagando un ulteriore tributo di sangue. Soltanto il 23 luglio, alcuni battaglioni di Alpini e reggimenti della Fanteria riuscirono nella tanto, agognata, impresa. Ma ci fu poco da gioire: gli Austriaci, infatti, pianificarono una riconquista, che ebbe inizio la notte del 23 settembre 1916. Alle ore 05.45 il silenzio della notte venne squassato dall’esplosione di una gigantesca mina di oltre 140 quintali di esplosivo: oltre mille soldati persero la vita quella notte, mentre la natura venne anch’essa straziata, essendo la cima del Cimone completamente divelta e polverizzata. A tale distruzione si unì anche la cecità del comando italiano: sebbene gli Austriaci proposero una tregua per salvare i soldati gravemente feriti e sepolti dalle macerie, i combattimenti proseguirono inesorabili e solo 35 Italiani riuscirono a salvarsi grazie all’opera di soccorso dei soldati di Vienna.