Attilio Maggiani, dalle sabbie del deserto alle alture di Asiago
Attraversò, con la sua vita, due secoli. Classe 1869, originario della città di La Spezia, Attilio Maggiani, Maggiore del Regio Esercito, intraprese una carriera militare che lo vide impegnato là dove era più aspro il combattimento. Dalle spedizioni nell’Africa Orientale, durante le prime avventure coloniali italiane, passando per lo “scatolone di sabbia” libico tra il 1911 e il 1912, per arrivare fino alle pendici del Monte Fior e del Monte Spil, sull’Altipiano di Asiago, durante il primo conflitto mondiale. E fu proprio sullo Spil che una raffica pose fine alla sua esistenza, durante la controffensiva italiana sul Pasubio e la Vallarsa. Militare di carriera, dopo gli studi alla Regia Accademia di Modena, partì per l’Africa dove, con il grado di Tenente, Attilio Maggiani prese parte alla battaglia di Adua, inquadrato nella 4a Compagnia del Battaglione Indigeni Milizia Mobile. Il suo reparto, circondato, quel 1° marzo 1896, rischiò di essere distrutto: caduto il suo comandante, il Capitano Luigi Maccari, si mise alla testa dei pochi superstiti, riuscendo ad aprirsi la strada per la salvezza, mettendo in salvo i suoi uomini. Si meritò la sua prima Medaglia d’Argento al Valor Militare: “Ricacciato il suo Battaglione, riuscì a tenere uniti i superstiti della sua centuria, prendendo parte tutta la giornata al combattimento in modo esemplare con altri reparti bianchi. Adua, 1° marzo 1896”.
Due mesi dopo la pesante sconfitta italiana ad Adua, un nuovo combattimento ebbe luogo a Tucruf, nel cui campo trincerato si erano asserragliate alcune truppe mahdiste. Credendolo abbandonato, il 2 aprile 1896 le truppe coloniali avanzarono alla sua conquista ma vennero accolte da un inteso fuoco di fucileria, che fece strage tra gli Ascari. Temendo una nuova sconfitta, a causa delle ingenti perdite subite fino ad allora, la colonna italiana iniziò il ripiegamento sulle posizioni di partenza presso Cassala: durante la strada del ritorno, numerose furono le incursioni respinte, fino a quando i soldati superstiti furono nuovamente al sicuro. Fu durante queste giornate che Attilio Maggiani si guadagnò nuovamente una Medaglia d’Argento al Valor Militare, conferita, come si legge nella breve motivazione, perché “diede prova di energia e coraggio non comuni. Tucruf, 2-3 aprile 1896”. Rimpatriato in Italia, promosso al grado di Capitano, prese parte alla campagna di Libia al seguito del corpo di spedizione italiano. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, la parentesi africana di Attilio Maggiani ebbe termine al momento della dichiarazione di guerra italiana del maggio 1915. Dislocato con il 70° Reggimento Fanteria, Brigata Ancona, sull’Altipiano di Asiago, diede numerose prove di coraggio e ardimento, guidando i suoi uomini in battaglia.
Promosso Maggiore, nel luglio 1916 la Brigata Ancona venne incaricata di portarsi in Vallarsa, dove era in atto la controffensiva italiana. Sulle pendici del Monte Spil, il giorno 9, il Maggiore Maggiani poco prima dell’assalto, mentre dava le ultime disposizioni ai propri ufficiali, venne raggiunto da una scarica di fucileria, rimanendo gravemente ferito. Trasportato all’Ospedale da Campo 603, decedeva poco tempo dopo. Venne insignito della Medaglia d’Argento al Valor Militare alla Memoria: “In previsione di un’avanzata alla quale doveva partecipare col proprio battaglione, percorreva coraggiosamente le linee più esposte per consigliare gli ufficiali ed animare i propri dipendenti. Gravemente ferito, non ebbe altro rimpianto se non quello di non poter più partecipare all’azione, continuando a dar utili consigli, finché fu trasportato al posto di medicazione. Monte Spil, 9 luglio 1916”. Tempo dopo, la parte finale della motivazione della Medaglia d’Argento, che gli era stata conferita con Decreto Luogotenenziale il 31 dicembre 1916, venne modificata nel 1925 con la seguente: “Trasportato morente all’ospedaletto da campo, vi decedeva poco dopo, per le ferite riportate, con il nome d’Italia sulle labbra. Monte Spil, 9 luglio 1916″. Oggi, le sue spoglie mortali riposano nella città di La Spezia, in un maestoso monumento posto quasi all’ingresso del Cimitero dei Boschetti.