In quei giorni di fine dicembre, il comando del Btg. Alpini Bolzano della Divisione Pusteria, decide di costituire un reparto di formazione, con una compagnia (la 216ª) del gruppo alpini Val Natisone, rinforzata dal plotone arditi di Battaglione e da due squadre mortai da 81. Il reparto così costituito, non amalgamato e con soli 4 ufficiali (di cui uno medico) tutti di complemento, viene affidato al comando del capitano Ernesto Contro, veterano della guerra 1915-18 che da civile faceva l’avvocato a Milano e che era comandante di un’altra compagnia, la 279ª del Val Natisone.
Questo reparto, per nulla coeso e guidato da ufficiali coraggiosi ma inesperti, viene mandato, senza un’adeguata conoscenza del territorio a compiere un’azione di rastrellamento in cerca delle bande partigiane titine, nella zona Ustibar – Rudo in Bosnia-Erzegovina. A far da guida alcuni miliziani cetnici infidi e mal fidati. Partiti da Visegrad alle ore 2 del 22 dicembre 1941, gli Alpini, arrivano alle 16 a Gaocici, villaggio a circa 3 Km da Rudo. Qui il reparto si aquartiera per la notte, ponendo il comando in una scuola, in posizione elevata, mentre su di un dosso nei pressi della scuola stessa, il capitano fa mettere in postazione la squadra mitraglieri al comando del sottotenente Bascapè.
Subito Contro manda delle pattuglie in esplorazione nei dintorni che prendono prigionieri dei partigiani. Questi riferiscono loro, che forti formazioni titine sono in avvicinamento verso il villaggio. Il capitano fa presente via radio al Comando di Battaglione, che i viveri e le munizioni di cui dispongono, non sono sufficienti per una lunga resistenza in un luogo isolato, infestato da partigiani, ben decisi a riprendersi il paese. Il Comando risponde di mantenere la posizione in attesa di ordini successivi.
Alle prime ore del mattino del 23 dicembre, i partigiani, attaccano da tutte le parti, convergendo sulla scuola. L’azione degli Alpini è pronta ed efficace, con mitragliatrici e mortai essi riescono a scompaginare gli attaccanti e ad infliggere loro gravi perdite, ma i partigiani sono troppi, il cerchio si stringe sempre più. Alle 9.45 il capitano dà ordine, al tenente Bilbano, comandante degli Arditi di aprirsi un varco ad ogni costo nel fitto schieramento nemico. Gli Arditi, pur sotto un fuoco bestiale, ed a costo di gravi perdite riescono a rompere l’accerchiamento.
I superstiti, in gran parte feriti riescono a mettersi in salvo, occultandosi in un avvallamento, ma i partigiani non mollano la prese e raddoppiano gli sforzi, diversi di loro vengono falciati dal preciso fuoco degli alpini ma riescono comunque ad avanzare. Alle ore 11, il capitano lancia un ultimo, laconico, ma drammatico messaggio radio:
“siamo sopraffatti”
Gli Alpini superstiti, una volta arresisi, vengono separati. Da una parte gli ufficiali ed i sottufficiali e dall’altra gli alpini semplici…Mentre il tenente medico Ceppi è costretto a curare solo i partigiani feriti. Il sottotenente Rizzacasa, che aveva la divisa a brandelli, non era stato riconosciuto come ufficiale ed era rimasto tra gli Alpini; quando si accorge delle intenzioni dei partigiani, nonostante i suoi alpini cerchino di dissuaderlo in tutti i modi, si fa avanti coraggiosamente e dice ai partigiani:
“Anch’io sono ufficiale!”
Vengono così fucilati il capitano Contro, il sottotenente Bascapè ed il sottotenente Rizzacasa e quattro sottufficiali. Alla memoria del capitano Ernesto Contro, venne concessa la Medaglia d’Oro al Valor Militare, cosi come al Sottotenente Ernesto Rizzacasa, che a costo della vita, non volle rinnegare il suo grado di ufficiale e la sua dignità di soldato.
Chi volesse approfondire l’argomento della lotta contro il movimento partigiano nei territori dell’ex Regno Regno dei Serbi, Croati e Sloveni può leggere il nostro post dedicato alla circolare 3C emanata dal generale Mario Roatta. Prima di chiudere il presente post due note biografiche e le motivazioni delle due medaglie.
Il capitano Ernesto Contro nacque a Milano nel 1898, partecipò alla prima guerra mondiale dall’ottobre 1917 nel 2° reggimento alpini col grado di sottotenente di complemento. Ferito gravemente nel fatto d’arme di Castelgomberto nel dicembre dello stesso anno, fu collocato in congedo nel 1920 col grado di tenente. Laureatosi in scienze economiche e commerciali, veniva assunto come funzionario dall’amministrazione comunale di Milano.
Nel 1939, richiamato in servizio col grado di capitano, fu assegnato al battaglione Feltre col quale entrò in guerra nel giugno 1940 sul fronte alpino occidentale. Trasferito al battaglione Val Tagliamento dell’8° alpini, partecipò, dal febbraio 1941, alle operazioni di guerra svoltesi al fronte greco-albanese; e passato, poi al battaglione Val Natisone alle operazioni svoltesi in Balcania. Ferito il 23 dicembre 1941, morì due giorni dopo a Rudo, ai confini fra Bosnia e Croazia.
Comandante di compagnia isolata e attaccata da forze preponderanti, difendeva fino all’estremo la posizione affidatagli. Sopraffatto il presidio dalla stragrande superiorità numerica dell’avversario, respingeva eroicamente ogni tentativo nemico d’indurlo a venir meno al proprio onore di soldato e di fascista immolandosi generosamente nel supremo rifiuto. Mirabile esempio ai dipendenti di ardente amor di Patria, elette virtù militari, assoluto sprezzo della vita.
– Rudo (Balcania), 23 dicembre 1941.
Questa fu la motivazione della Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria:
Il sottotenente Ernesto Rizzacasa nacque a Tripoli nel 1914 e dopo essersi laureato in giurisprudenza nell’Università di Roma, fu ammesso alla Scuola allievi ufficiali di Bassano, per la specialità alpina, il 14 luglio 1938 e il 22 dicembre ottenne la nomina ad aspirante. Destinato all’11° reggimento alpini e promosso sottotenente, venne collocato in congedo l’11 agosto 1940. Richiamato nel febbraio 1941, poco più di un mese dopo, partiva per l’Albania dove venne assegnato al battaglione Val Natisone dell’8° alpini facente parte del I gruppo alpini Valle.
Questa fu la motivazione della Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria:
Comandante di plotone di una compagnia alpina attaccata da preponderanti forze ribelli, dopo essersi difeso fino al limite di ogni umana possibilità, cadeva prigioniero nelle mani del nemico venti volte superiore di numero. Non identificato dai ribelli a causa della uniforme ormai irriconoscibile in seguito all’accanito combattimento sostenuto, appresa la determinazione dell’avversario di fucilare tutti gli ufficiali catturati, nonostante che i suoi alpini lo dissuadessero e tentassero a viva forza, serenamente, conscio della morte alla quale andava incontro con mirabile orgoglio di soldato si presentava al capo dei partigiani qualificandosi come ufficiale. Cadeva, così, con i suoi camerati, illuminando del suo sacrificio la dignità di quel grado che non aveva voluto rinnegare.
– Rudo (Balcania), 23 dicembre 1941.