4 ottobre 1943, la fucilazione del generale Ernesto Chiminello
l 4 ottobre del 1943, il generale Ernesto Chiminello veniva fucilato sulla spiaggia di Baia Limione a Porto Edda, in Albania. Insieme a lui fu ucciso anche il Maggiore Sergio Bernardelli, Capo di stato maggiore della divisione Perugia, mentre altri 118 ufficiali furono uccisi successivamente vicino alla cittadina di Saranda.
I cadaveri furono portati al largo e gettati in mare zavorrati con delle pietre legate alle gambe. La 151ª Divisione fanteria “Perugia” si considera sciolta il 7 ottobre. Circa 170 militari superstiti si unirono al Battaglione Gramsci, formato dai resti di altre unità presenti in teatro (quali la 41ª Divisione fanteria “Firenze” e 53ª Divisione fanteria “Arezzo”).
Come al solito facciamo un passo indietro per inquadrare il tutto e perchè si arrivò alla fucilazione di massa degli ufficiali della divisione “Perugia”. Siamo nel momento più difficile, più doloroso e più drammatico della storia militare italiana, siamo nei giorni immediatamente successivi all’8 settembre del 1943.
La 151ª divisione “Perugia”, era una delle numerose unità del Regio Esercito, destinate al presidio dei territori balcanici, dopo aver prsidiato le zone di Spalato e Sebenico, venne prima trasferita in Montenegro e successivamente in Albania nelle zone di Argirocastro, Klisura, Tepelenë e Delvina.
Essa fu una delle nove divisioni denominate da occupazione costituite partire dal 1941 per svolgere compiti di guarnigione nei territori occupati dopo le campagne di Grecia e di Jugoslavia.
Comandante della grande unità era il generale Ernesto Chiminello. Nato il 4 dicembre del 1890, si era arroulato nel Regio Esercito, divenendo sottotenente di fanteria nel 1908. Tra il 1912 al 1913 operò in Libia, dove fu promosso tenente nel settembre del 1913.
Partecipa alla grande guerra e il 9 settembre del 1915, viene promosso capitano. Dopo aver frequentrato la Scuola di guerra, ricopre la carica di Sottocapo di stato maggiore del Corpo d’armata di Bologna. In seguito viene nominato comandante di reggimento e del Distretto militare di Ragusa.
Promosso generale di brigata il 1º luglio del 1940, assume nel 1943 le funzioni di comandante della 33ª Divisione fanteria “Acqui”, di stanza a Cefalonia e il 15 agosto viene mandato in Albania per assumere il comando della 151ª Divisione fanteria “Perugia”, inquadrata nel IV Corpo d’armata del generale Carlo Spatocco, operante in seno 9ª Armata al comando del generale Renzo Dalmazzo.
L’armistizio dell’8 settembre lo sorprese a Argirocastro, dove si trovava il Quartier generale della divisione. L’unità si trovava schierata nelle vicinanze del confine con la Grecia, nella zona tra Permeti, Klisura e Tepeleni. Appresa la notizia dell’avvenuto armistizio il comando della divisione decise, all’unanimità, di resistere ai tedeschi, anche con l’uso della armi.
Il 9 settembre un ufficiale tedesco si recò a colloquio con il generale, e fu raggiunto un accordo in base al quale i reparti della divisione sarebbero rimasti ad Argirocastro, insieme a un piccolo contingente di soldati tedeschi, e in caso di spostamento la Grande Unità si sarebbe diretta a Valona.
Il vicecomandante della divisione, colonnello Giuseppe Adami, responsabile del settore di Tepeleni, intavolò trattative con i partigiani albanesi, con l’appoggio del suo comandante, ma tra il 10 e l’11 settembre gli albanesi circondarono la città. A causa di questo fatto egli lasciò libero Adami di comportarsi come meglio credeva, e quest’ultimo partì con i suoi reparti per raggiungere Valona, secondo il piano iniziale.
Il giorno 13 altri reparti italiani giunsero ad Argirocastro, mentre il piccolo presidio tedesco presente in città fu fatto partire per Valona. Il giorno 14 i partigiani albanesi lanciarono un ultimatum per la consegna delle armi e il disarmo della divisione, che fu respinto, così come il successivo attacco in cui trovarono la morte circa 500 albanesi.
All’alba del giorno 16 circa 5.000 uomini della divisione partirono per raggiungere Porto Edda, arrivandovi tra alterne vicende il 22. Imbarcati sulle navi i primi soldati feriti e i prigionieri fuggiti ai tedeschi, le operazioni di evacuazione terminarono il giorno 24 quando gli attacchi aerei della Luftwaffe le resero impossibili.
La divisione a questo punto ripartì alla volta di Porto Palermo dove avrebbero dovuto arrivare altre navi, giungendovi il giorno 27, per portare in Italia il resto della divisione, ma purtroppo le navi promesse dal Capo di stato maggiore generale del Regio Esercito Vittorio Ambrosio, non giunsero mai.
Il 29 arrivarono invece i soldati germanici della 1ª Divisione Gebirgjager che iniziarono subito le operazioni di rastrellamento, denominate Unternehmen Spaghetti (Operazione Spaghetti). Il generale dopo essersi nascosto con altri ufficiali in un bosco, stremato dalla lunga clandestinità, il 3 ottobre decise di arrendersi ai tedeschi.
Viene cosi inviata, al riparo di una bandiera bianca, una delegazione guidata da un ufficiale a parlamentare con i tedeschi. Cadono così prigionieri dei tedeschi il Generale Chiminiello e tutti gli ufficiali dello Stato Maggiore e dei restanti reparti che avevano deciso di fermarsi a Borsh.
Gli ufficiali vengono portati a Porto Edda per essere giudicati da una corte marziale presieduta dal Maggiore Dodel, che giudica tutti colpevoli di tradimento condannandoli a morte. La sentenza viene eseguita alle ore 16.45 di lunedì 4 ottobre 1943.
Il Generale Chiminiello ed il Maggiore Bernardelli Capo di stato maggiore della divisione, sono fucilati singolarmente dal plotone di esecuzione e poi finiti con un colpo di pistola alla nuca. L’esecuzione ha luogo sulla spiaggia di Baia Limione, una piccola insenatura poco a Nord di Porto Edda.
Come scritto all’inizio del post, i corpi vengono zavorrati e poi gettati in mare. Il mattino del giorno seguente tutti gli altri ufficiali, circa 120, vengono portati a Baia Limione dove subiscono la morte per fucilazione a gruppi di quattro. Anche i loro corpi vengono zavorrati e gettati in mare.
La colonna al comando di Adami raggiunse Valona, e dopo alterne vicende i tedeschi misero i soldati su un treno con destinazione Trieste, che fu fatto dirottare su Vienna dove le SS catturarono tutti i soldati e gli ufficiali avviandoli verso i campi di prigionia in Germania.
Si conclude così l’epopea della divisione Perugia, una delle tante troppe, unità italiane che lasciate senza ordini e direttive, vennero sbaragliate dalle truppe tedesche in seguito all’armistizio. Nell’ambito delle tristi vicende della “Perugia” si colloca la tragedia del piroscafo Dubac, affondato dai tedeschi carico di soldati italiani che stava riportando in Italia.