17 luglio 1918 - 17 luglio 2018: Centenario della Morte dei Romanov July 16, 2018 | Pietro Fontana

Associazione Culturale “Ricerche e Memorie Storiche”

Scientiae Flammam Alere

Esattamente cento anni fa, nella notte tra il 16 e il 17 luglio 1918, si consumava ad Ekaterimburg il massacro della Famiglia Imperiale dei Romanov, ad opera dell'Armata Rossa del Governo dell'Unione Sovietica.

L'Associazione Culturale "Ricerche e Memorie Storiche" ha deciso di ricordare questo tragico eccidio, nel suo Centenario, per la Medaglia d'Oro al Valor Militare concessa allo Zar Nicola II, Imperatore ed Autocrate di Tutte le Russie, dal Re d'Italia Vittorio Emanuele III per l'intesa durante la Grande Guerra, il 4 settembre 1916:

« Per attestare alla Russia, nostra alleata, ed al suo Valoroso Sovrano, l'alta ammirazione che l'Esercito e il Popolo d'Italia tributano alle vittoriose armi imperiali per la lotta formidabile e gloriosa che sostengono contro il comune nemico a difesa della civiltà e del diritto violato ».

La notte del 16 luglio 1918, allo Zar e la sua Famiglia, che già da mesi si trovavano costretti a Casa Ipat'ev (nome curiosamente identico all'omonimo Monastero di Kostroma da dove i Romanov, 14 marzo 1613, con l'incoronazione di Michele I, iniziarono a regnare sulla Russia), vennero svegliati di colpo per essere informati che l'Armata Bianca loro fedele si stava avvicinando alla Città e che questo aveva prodotto numerosi tumulti che mettevano in pericolo la loro vita. Per ciò dovevano essere trasferiti.

Con questa scusa, adducendo a delle proprie velleità in fotografia per una fotografia di notifica, l'incaricato Jakov Michajlovič Jurovskij ordinò alla Famiglia Imperiale ed ai suoi servitori di disporsi in una cantina della casa, precedentemente svuotata dei mobili e capace di contenere l'esplosione dei colpi d'arma da fuoco che sarebbero stati esplosi di lì a poco.

Così lo Zar Nicola II, con in braccio il suo figliolo emofiliaco lo Zarevic Aleksej (13 anni), Granduca Erede al Trono, ed al fianco la moglie, la Zarina Aleksandra Fëdorovna, e le loro quattro figlie, Granduchesse Ol'ga (22 anni), Tat'jana (21 anni), Marija (19 anni), ed Anastasija (17 anni), vennero disposti in una "posa fotografica" di fronte ai militari sovietici insieme al medico Botkin, l'inserviente Trupp, il cuoco Charitonov ed alla dama di compagnia Anna Demidova.

 

Alchè Jurovskij ordinò l'ingresso del plotone d'esecuzione, svelando le proprie intenzioni, come ricorda egli stesso:

« Quando entrò la squadra, il commissario disse ai Romanov che in considerazione del fatto che i loro parenti continuavano l'attacco contro la Russia Sovietica, il Comitato Esecutivo degli Urali aveva deciso di giustiziarli. Nicola voltò le spalle alla squadra, volgendosi verso la famiglia, poi, come tornato in sé, si girò in direzione del commissario, chiedendo: "Come? Come?" [...] il commissario ripeté in fretta e ordinò alla squadra di puntare. Nicola non disse più nulla, si voltò di nuovo verso la famiglia, agli altri sfuggirono altre esclamazioni sconnesse. Tutto ciò durò alcuni secondi ».

Poi il caos, l'esplosione dei colpi. Così ricordò un militare presente, tale Sterkotin:

« Detta l'ultima parola, Jurovskij estrasse di colpo il revolver dalla tasca e sparò allo Zar. La Zarina e la figlia Ol'ga cercarono di farsi il segno della croce, ma non fecero in tempo ».

Passata la Mezzanotte al 17 luglio 1918 da mezz'ora, la tragedia si consumò in pochi minuti, lasciando a terra cavaderi impregnati di intensi rivoli di sangue. Gli esecutori, sconvolti dalle grida delle Granduchesse, dovettero concentrare più colpi per farle cadere a terra, protette com'erano da alcuni gioielli cuciti sotto i vestiti.

 

Di seguito, venne ordinato di finire i superstiti passandoli alla baionetta, in particolare alla scoperta che alcune ragazze erano ancora vive al momento del caricamento dei corpi su di un carro per l'occultamento, come ricordò Sterkotin:

« Quando deposero sulla barella una delle figlie, essa lanciò un urlo e si coprì il volto con una mano. Constatammo che erano vive anche le altre. Ormai non si poteva più sparare, perché le porte erano aperte [...] Ermakov prese il mio fucile con la baionetta innestata e a colpi di baionetta finì tutti coloro che erano ancora vivi ».

Caricati quindi su una camionetta, i corpi si dirigevano verso il bosco di Koptjakij quando questa impantanò. Jurovskij decise allora di dar fuoco sul tragitto ai corpi di Aleksej e di una sorella, presumibilmente Marija od Ol'ga. Così il veicolo potè raggiungere il luogo prescelto per l'occultamento, una cava abbandonata della "la radura dei quattro fratelli" per la presenza di quattro ceppi di abete. Qui i restanti cadaveri vennero spogliati (e allora si scoprì dei gioielli cuciti internamente agli abiti delle ragazze), e fatti a pezzi a colpi di asce e coltellacci. Così, vennero gettati dentro ad un pozzo della miniera e cosparsi di acido solforico per poi essere dati alle fiamme.

Questa fu la fine dei Romanov, preceduta e seguita dagli assassini di molti altri membri della Casa Imperiale.

Giustizia storica e morale si ebbe solo il il 16 luglio 1998 quando, dopo intensi studi forensi, la Famiglia Imperiale venne rieumata e rigiunta per essere inumata nella Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo a San Pietroburgo con Funerali di Stato presenziati anche dal Presidente della Federazione Russa Boris El'cin. Seguitamente, nel 2008, il Presidium della Corte Suprema Russa riabilitò la stessa Famiglia condannandone il massacro ma prima, nel 2000, la Chiesa Ortodossa Russa del Patriarca di Mosca e di Tutte le Russie Aleksej II (curiosamente lo stesso nome che lo Zarevic Alekseij avrebbe assunto una volta salito al trono), la Canonizzò e Santificò per Martirio.

 

Sul luogo dove sorgeva Casa Ipat'ev ora sorge la così detta Cattedrale sul Sangue e così San Nicola II, Imperatore Martire e Grande Portatore della Passione, insieme a Santa Aleksandra, Sant'Aleksej,
Santa Ol'ga, Santa Tat'jana, Santa Marija, e Sant'Anastasija (insieme ad altri diversi familiari assassinati ed alla servitù), vengono festeggiati il 17 luglio, del quale quest'anno ricorre il Centenario, con la previsione di oltre 100.000 persone in marcia, con cerimonie, quali la Messa Solenne del 16 luglio alle 23:30, allo stesso orario in cui esattamente cento anni prima i Romanov venivano svegliati per essere condotti nello scantinato, presenziate dal Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin, dal Patriarca di Mosca e di Tutte le Russie Kirill I e da S.A.I. la Granduchessa Marija Vladimirovna Romanov, Capo della Casa Imperiale, con la presenza di numerosi altri membri della stessa e di varie altre Case Reali europee con essa imparentate, come ad esempio la Casa di Savoia-Aosta per l'Italia.