14 MARZO 1941 L’AFFONDAMENTO DELLA R. NAVE OSPEDALE “PO”
Nel settembre 1940 la Po fu la prima nave ospedale ad essere inviata in Albania, compiendo una singola missione di trasporto di feriti e malati (particolare problema in tale zona era costituito dalla malaria), nell'ambito delle operazioni di sgombero degli ospedali albanesi in preparazione dell'attacco alla Grecia. Tale piano di “evacuazione sanitaria” venne completato dalla stessa Po con una seconda missione dello stesso tipo, nell'ottobre 1940.
Alle 17:15 dell'11 febbraio 1941 la nave ospedale, in navigazione del canale di Sicilia sulla rotta Napoli-Bengasi, venne attaccata e mitragliata da un velivolo sconosciuto, uscendo comunque indenne dall'attacco. L'aereo assalitore, avvistato in ritardo, venne identificato come un trimotore, tipo di bombardiere non in possesso della Royal Air Force, ma della Regia Aeronautica, pertanto l'attacco non venne denunciato. Successive ricerche nel dopoguerra appurarono tuttavia che l'autore del mitragliamento era un ricognitore britannico Martin Maryland (bimotore) del 431st General Reconnaissance Flight di base a Malta. Nel corso dello stesso mese la nave ospedale compì un'altra missione alla volta di Valona.
La sera del 14 marzo 1941 la Po giunse a Valona per imbarcare feriti e malati da rimpatriare (provenienti da due ospedali da campo, il n. 403 ed un altro collocato sulle colline antistanti la baia di Valona), operazione che si sarebbe svolta l'indomani mattina. Dopo l'arrivo, la nave si mise alla fonda nella rada di Valona, a circa un miglio e mezzo dalla costa. Benché munita dei contrassegni per il riconoscimento notturno, la nave venne obbligata dal Comando Marina di Valona a tenere le luci spente per non contravvenire alle regole sull'oscuramento, dato che si temeva che l'individuazione della Po, in caso di attacco aereo, avrebbe comportato anche la localizzazione delle altre unità, mercantili e militari, ormeggiate nei paraggi. Poco dopo le undici della sera stessa, quando ormai la gran parte dell'equipaggio dell'unità si era ritirato nei propri locali per la notte, la rada di Valona fu sottoposta a un attacco da parte di cinque aerosiluranti Fairey Swordfish dell'815° Squadron della Fleet Air Arm, decollati alle 21:15 dall'aeroporto greco di Paramythia (nel medesimo attacco venne abbattuto uno degli Swordfish, quello del comandante dell'815° Squadron, capitano di corvetta Jago, e venne affondato il piroscafo Santa Maria, poi recuperato e rimesso in servizio).
La Po, essendo oscurata, non fu riconosciuta, e alle 23:15 venne colpita sul lato di dritta, a poppa, da un siluro da 730 kg sganciato dallo Swordfish del tenente di vascello Michael Torrens Spence. Dopo il siluramento saltò la corrente e la nave iniziò ad appopparsi rapidamente, imbarcando acqua, pertanto venne suonato l'allarme ed equipaggio e personale medico furono radunati in coperta, dopo di che vennero ammainate le lance di salvataggio. Durante le operazioni di abbandono della nave una delle imbarcazioni si capovolse: due crocerossine, Wanda Secchi ed Emma Tramontani, rimasero ferite venendo sbattute dall'acqua contro la murata della nave agonizzante e annegarono, mentre una terza, Maria Federici, che aveva cercato di salvarle, affogò anch'essa nel tentativo, nonostante l'intervento di un ufficiale, gettatosi in mare per soccorrerla. Dopo due minuti dall'impatto dal siluro la poppa della nave era già sommersa (nei locali poppieri rimasero bloccati e annegarono quattro marinai), e, in meno di una decina di minuti dal siluramento, la Po affondò, in posizione 40°22' N e 19°29' E, nei pressi della foce del Rio Se, lasciando emergere solo la punta dell'albero di trinchetto per poco più di un metro. Parte dei superstiti rimase aggrappata a rottami staccatisi dalla nave, altri raggiunsero a nuoto la riva (come un ufficiale) o un cacciatorpediniere ormeggiato nelle vicinanze, mentre quattro uomini morirono d'ipotermia dopo essere stati tratti in salvo. Alcuni naufraghi, tra i quali Edda Ciano, anch'essa imbarcata come crocerossina, vennero recuperati da un peschereccio dopo essere rimasti aggrappati al relitto di una lancia di salvataggio, rimasta semisommersa perché ancora legata al relitto della nave ospedale.
Nell'affondamento trovarono la morte complessivamente 23 persone, ovvero tre crocerossine (Wanda Secchi, Emma Tramontani e Maria Federici, alla cui memoria venne conferita la medaglia d'argento al valor militare, mentre una quarta crocerossina, morì di setticemia dopo alcuni mesi, avendo inghiottito acqua e nafta nell'affondamento) e venti marittimi su un totale di 240 persone, tra equipaggio e personale medico, imbarcate sulla Po. La propaganda italiana non parlò di attacco intenzionale, essendo la Po oscurata, ma mise in evidenza la morte di 23 persone e soprattutto delle crocerossine.
Nei giorni seguenti l'affondamento otto palombari della Regia Marina, trasportati da tre unità navali, provvidero al recupero dei corpi dal relitto della nave ospedale.
Il relitto della nave ospedale, adagiato in assetto di navigazione a un miglio dalla costa, su fondali tra i 30 metri e i 35 metri e in discreto stato di conservazione (le strutture superiori arrivano sino a 12 metri dalla superficie), è stato individuato da subacquei della IANTD il 31 luglio 2005.
"Signore abbi in gloria le loro anime"
La nave ospedale Po
Fonte scannerizzazione dalla retocopertina di Enrico Cernuschi, Maurizio Brescia, Erminio Bagnasco, “Le navi ospedale italiane 1935-1945”, Albertelli Edizioni Speciali, Parma 2010
Data fine 1940