12-13 GENNAIO 1943 LA RITIRATA DELL’ARMIR
Seconda guerra mondiale. Nel luglio del 1941, 50 mila uomini inquadrati nel Csir, il Corpo di spedizione italiano in Russia, vennero inviati sul fronte orientale. Un anno dopo ne seguirono altri 200 mila che andarono a comporre l’Armir, l’ottava Armata italiana impegnata in appoggio alle forze tedesche della Wehrmacht sul fronte di Stalingrado. Le divisioni, soprattutto quelle alpine, che parteciparono alla campagna, hanno nomi che sono diventati leggenda : la Tridentina, la Julia, la Cuneense, Sforzesca, Pasubio, Ravenna, Vicenza.
Il luogo di battaglia principale sarà il corso del fiume Don, su un fronte lungo oltre 300 chilometri. Dopo un’estate di combattimenti arrivò l’inesorabile inverno russo con le temperature che scesero a oltre 30 gradi sotto lo zero e con i soldati italiani assolutamente non attrezzati con divise di tela, scarpe bucate, poche munizioni, quasi senza cibo e con scarsissime comunicazioni fra i reparti.
I russi dilagarono a partire dal dicembre 1942 chiudendo sia i tedeschi che gli italiani in una sacca: si contarono migliaia di morti. Il 12 gennaio 1943 ci fu il secondo sfondamento sovietico ed il giorno seguente, il 13 gennaio iniziò il lungo, lento ed estenuante calvario della disperata ritirata delle truppe italiane.
Da non dimenticare il sacrificio dei bersaglieri della divisione " Celere ", 3° e del 6° reggimento che già si erano distinti nell’estate del 1942 a Serafimovic. Ad essi fu ordinato di coprire lo sganciamento del nostro corpo d’armata . Pochissimi tornarono a casa (gli ultimi solo nel 1954) e il loro coraggio è testimoniato dalle due medaglie d’ oro concesse al corpo per la campagna di Russia.
L’ultima grande battaglia avvenne il 26 gennaio 1943 a Nikolajevska con le nostre truppe al comando del generale Luigi Reverberi circondate in mezzo al nulla che riuscirono nel disperato tentativo di sfondare la tenaglia nemica. Riuscirono quindi a raggiungere Shebekino il 31 gennaio 1943, località al di fuori della morsa dei russi per poi iniziare l’infinito viaggio di ritorno.
In oltre due mesi di ritirata cadranno moltissimi dei già non molti sopravvissuti, altri verranno catturati ed internati. Le truppe italiane contarono in questa campagna oltre 75 mila morti e 26 mila rimpatriati per ferite o congelamenti.
I racconti di Mario Rigoni Stern “ Il Sergente nella neve” e di Giulio Bedeschi “Centomila gavette di ghiaccio” rendono uno spaccato drammatico dell’odissea del ritorno.